OGNI 1 DEL MESE:
RUBRICA A Cura Di Don Riccardo Pane,
Diocesi Di Bologna,
Accademia Ambrosiana
DALL’EUCARISTIA CELEBRATA ALL’EUCARISTIA ADORATA (2°)
L’Eucarestia, dunque, non è una cosa, un oggetto statico, e nemmeno semplicemente un soggetto: è un soggetto-in-azione, è l’opera di Cristo in atto. Da questa affermazione derivano almeno due conseguenze logiche, tanto logiche quanto sistematicamente disattese:
- Se l’Eucarestia non è una cosa, a maggior ragione non è “cosa nostra”; è azione di Cristo, non nostra. Ogni esercizio della creatività e della fantasia da parte del prete, dei cantori, degli animatori, dei ministri o della comunità, ogni protagonismo, ogni tentativo di mettere al centro la soggettività e l’originalità dei celebranti, al posto del Celebrato, costituirà un ab-uso, cioè una strumentalizzazione della Messa. E purtroppo di abusi tocca vederne fin troppi.
- Se l’Eucaristia è azione liturgica, dinamica, opera salvifica in atto, e non semplicemente “prodotto” di un rito, non posso non prendere parte all’intera azione, all’intera opera, all’intera celebrazione. Siamo resi partecipi dell’azione salvifica di Cristo, non semplicemente fruitori di un Sacramento. Insisto. Cos’è l’Eucaristia? “Il Sacramento del Corpo e Sangue di nostro Signore”. Sì, ma aggiungiamo: il Sacramento del Corpo e del Sangue di nostro Signore, il quale per noi uomini e per la nostra salvezza si è fatto uomo, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso e su sepolto, il terzo giorno risuscitò da morte, è salito al cielo, ecc…. C’è tutta la storia della salvezza dell’Eucaristia, l’incarnazione, la Pasqua…
Quando il Concilio Vaticano II insiste sulla partecipazione attiva dei fedeli non ha in mente, come molti hanno frainteso in seguito, il coinvolgimento fattivo nei riti, la ministerialità (anzi, meno gente traffica nella Messa, meno confusione si crea…), ma precisamente l’idea che in quell’ora noi siamo travolti dalla dinamica dell’azione salvifica, ne diventiamo partecipi, destinatari e attori (ma non protagonisti: il protagonista è solo Cristo!), in una parola “viviamo” l’opera di Cristo, per goderne i frutti. E questa non è una novità del Concilio Vaticano II e nemmeno una riscoperta, ma semmai un invito alla riscoperta, invito che ho l’impressione essere caduto nel vuoto. Basti pensare che l’antica preghiera eucaristica del rito latino (e che dovrebbe costituirne ancora il riferimento privilegiato) per ben tre volte insiste su questo:
- “Ricordati di tutti coloro che sono qui riuniti, dei quali conosci la fede e la devozione: per loro ti offriamo e anch’essi ti offrono questo sacrificio di lode”.
- “Accetta con benevolenza questa offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia”.
- “In questo sacrificio, o Padre, noi tuoi ministri e il tuo popolo santo celebriamo il memoriale della beata passione, della risurrezione dai morti e della gloriosa ascensione al cielo del Cristo tuo figlio”.
La riscoperta della Messa passa inesorabilmente da questo: o capiamo cosa significa partecipare alla liturgia, o le chiese continueranno a svuotarsi. L’evento liturgico è qualcosa di unico, e non può essere paragonato a nessun’altra realtà umana. Tuttavia, tocca spiegarsi, tocca fare analogie, che saranno sempre riduttive, ma tant’è… Per spiegare la partecipazione alla sacra Messa, ricorrerò all’esempio di ciò che vi è di più sacro agli occhi dell’italiano medio: la partita di calcio. Il vero tifoso (categoria a cui il sottoscritto non appartiene) non si accontenta di sapere il risultato della partita: vuole partecipare. E non si accontenta della televisione: vuole essere presente allo stadio. E il fatto di non essere in campo a giocare, ma sugli spalti, non lo fa sentire meno coinvolto e partecipe: se non correrà fisicamente dietro alla palla, il suo coinvolgimento emotivo e nervoso sarà non meno reale e alla fine uscirà dicendo “Abbiamo giocato bene, abbiamo vinto, abbiamo perso, abbiamo preso due goal”… Nessuno mai ha contestato a un tifoso il fatto che il goal lo ha preso il portiere e non lui, perché è a tutti evidente che tutto lo stadio ha giocato la partita e non solo i giocatori. Il vero tifoso, poi, farà di tutto per essere presente allo stadio con largo anticipo, perché anche l’attesa, la trepidazione, gli inni nazionali costituiscono una parte imprescindibile dell’evento. Ecco, se solo riuscissimo a trasporre questa coscienza sulla Messa, non dico che avremmo capito tutto, ma saremmo a buon punto, tenendo conto però che nel campo della Messa non si gioca la partita decisiva di un campionato, ma quella decisiva della vita…