Chi si accosta degnamente all’Eucaristia — scrive san Bonaventura nello splendido Sermone sul santissimo corpo di Cristo
— vi attinge una quadruplice grazia: «Questo sacramento infonde la forza di operare; eleva alla contemplazione;
dispone alla conoscenza delle realtà divine; anima e accende il disprezzo del mondo e il desiderio dei beni celesti ed eterni»,
com’è detto di Elia che «con la forza di quel cibo camminò fino al monte di Dio, vide i segreti divini e si fermò all’ingresso della caverna».
«L’anima devota trae da questo sacramento anzitutto l’energia per agire, e infatti si dice di Elia che “con la forza di quel cibo camminò
per quaranta giorni”». Quel cibo, osserva il Dottore Serafico, si riferisce al «corpo di Cristo», in virtù del quale «l’uomo riesce a sostenere
la faticosa e incessante crescita nella vita spirituale».
Interpretando poi allegoricamente il numero quaranta, quale simbolo dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento, Bonaventura prosegue
: «Camminare per quaranta giorni rinvigoriti da quel cibo significa progredire nella vita spirituale durante tutto il nostro tempo, in cui la nostra vita
è guidata dal Nuovo e dall’Antico Testamento».
Il secondo frutto dell’Eucaristia consiste «nell’innalzare alla contemplazione»:
si dice infatti di Elia che «pervenne al monte di Dio». Ora, «a che cosa allude il termine “monte”, se non all’elevazione della mente?».
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