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Come mettere in un guscio di noce, così direbbero gli inglesi, tutto ciò che è pertinente alla comunione nella mano, cioè in poche parole? Innanzitutto devo fare appello alla serenità che dà la buona ragione ed evitare l’emotività che questo tema porta. Anche se non dovrebbe essere così perché supponiamo che tutti noi apprezziamo l’Eucaristia che è – come ci insegna il Concilio Vaticano II in diversi documenti – la fonte e il culmine della vita spirituale e della missione stessa della Chiesa. In altre parole, tutto parte dall’Eucaristia, inclusa la nascita stessa della Chiesa nella notte del Giovedì Santo, e tutto porta ad essa. L’Eucaristia è il vero tesoro della Chiesa che tutti dobbiamo venerare, adorare e, soprattutto, i sacerdoti, custodire. Si tratta niente di meno che della Persona del Signore che si è donata a noi e rimane con noi fino alla fine del mondo.

Per entrare nell’argomento, propongo una sorta di sillogismi. Sono due. Il primo:

  1. Dio è adorato. “Adorerai il Signore Dio tuo e a Lui solo renderai culto”. Lo si adora perché è Dio!
  2. L’Eucaristia è il segno sacramentale della presenza vera, reale, sostanziale della divina Persona di Gesù Cristo, nella totalità della sua umanità e della sua divinità.
  3. Pertanto, poiché l’Eucaristia è Dio – nascosta ai sensi ma rivelata dalla fede – adorato in questo Santissimo Sacramento.

Il secondo è:

  1. L’adorazione è un atto che coinvolge l’intero essere
  2. L’essere umano è composto di corpo e anima spirituale
  3. Pertanto, la nostra adorazione è un atto spirituale e anche corporale.

L’etimologia della parola “greca” per adorazione, proskinesis, indica il gesto di prostrazione. L’essere intelligente s’inchina, si prostra in un atto di sottomissione e riverenza dinanzi al Dio che lo ha creato. In quell’atto lo spirito si alza e il corpo si umilia, indicando che Dio è Dio e noi non siamo Dio, ma gli dobbiamo la riverenza, il rispetto per la sua maestà. Inoltre, il nostro Dio rivelato in Gesù Cristo non è solo il nostro Creatore, bensì il nostro Salvatore. Pertanto, l’adorazione è anche il riconoscimento di quell’amore che ci salva, e da qui proviene l’altra etimologia latina, adoratio, che allude alla bocca, al bacio, al gesto dell’amore.

Pertanto, l’adorazione è un atto di fede e di amore e ciò che è appropriato come gesto corporale è -con santo timore di Dio- prostrarsi o inginocchiarsi davanti alla presenza divina, davanti al Santissimo Sacramento.

Coloro che non si oppongono alla comunione nella mano e in piedi e addirittura lo considerano un modo molto valido e persino preferito al normale modo di comunicare in ginocchio e in bocca, mettono l’argomento storico come argomento principale, sostenendo che nei primi secoli, fino al IX / X s. si comunicava in piedi e nella mano. (Alcuni arrivano addirittura a dire che il Signore ha dato la comunione agli apostoli nella mano. A ciò si risponde: 1) che gli apostoli erano sacerdoti consacrati nell’ultima cena (“fate questo in memoria di me” sono le parole che consacrano quelli apostoli commensali) – e 2) che infatti, l’usanza orientale, fino ad oggi, è – da parte dell’ospite – di dare lui stesso il boccone ai commensali in bocca).

Certo, fino al IX e X secolo la comunione era in mano, anche se non ovunque, perché in luoghi come Toledo, già nel settimo secolo, era proibita la comunione in mano sotto pena di scomunica.

Allora, la prima domanda che noi dobbiamo porci è perché questa pratica è stata abbandonata; e la seconda perché hanno voluto tornare ad essa dopo più di 1000 anni di comunione in bocca e in ginocchio.

La risposta alla prima domanda, perché la comunione nella mano è stata cambiata e si è andato a ricevere la comunione in ginocchio e in bocca, la si trova nell’ istruzione di Paolo VI Memoriale Domini, sull’amministrazione dell’Eucaristia, ancora in vigore, che dice che l’usanza di dare l’eucaristia nella mano portò con sé il pericolo dell’abuso, ma più che la paura dell’abuso la maggior influenza veni venne dalla crescente riverenza per il sacramento per dare la sacra ostia direttamente nella bocca. Il gesto liturgico, prosegue Memoriale Domini, “significa la riverenza dei fedeli verso l’Eucaristia” Questo significato di riverenza è così noto che i riformatori protestanti, come Martin Bucero o Butzer, consigliere alla riforma anglicana, hanno cercato di cambiare l’uso e introdussero la comunione nella mano perché i suoi fedeli non pensassero che Cristo fosse presente sotto forma di pane “. È importante ribadire: le ragioni del cambiamento della mano alla bocca, sono state insieme a una maggiore comprensione del mistero avallato dai miracoli eucaristici; ai pericoli della profanazione e del sacrilegio; alla coscienza che anche nelle particelle più piccole era presente tutto il Signore; è stato soprattutto il fatto che la comunione in bocca esprime meglio la riverenza dei fedeli e la comunione non di pane e bevanda comuni ma del Corpo e Sangue del Signore. Mentre la comunione nella mano può arrivare ad esprimere irriverenza o dottrine errate sulla presenza reale o sul sacerdozio.

Va detto che l’uso della comunione nella mano non è stato solo abbandonato ma espressamente proibito. Oltre a Toledo, ad esempio, i Sinodi di Rouen dell’878 e di Cordova dell’839 vietano la comunione nella mano con la scomunica.

E qui arriva la ragione per la seconda domanda: perché hanno voluto ora (dal post Concilio) tornare alla comunione nella mano? La risposta a quest’ultima domanda è fondamentale perché l’origine della‘ imposizione – ripeto “imposizione”- della comunione nella mano proviene da paesi come Olanda, Belgio, Germania e Francia, dove non solo l’influenza protestante è grande e loro, i protestanti comunicano in quel modo, ma perché in quei paesi, per causa dei teologi modernisti che hanno influenzato il Concilio Vaticano II ma non hanno potuto riformare le cose al loro piacere per fondare una nuova chiesa, alludendo a uno diffuso spirito del Concilio (che certamente non è il Concilio) hanno attaccato la liturgia sotto pretesti pastorali. E qui, abbiamo il catechismo olandese della metà degli anni ’60 come esempio. Tale catechismo –promosso e pubblicato dalla Conferenza Episcopale Olandese- è un compendio di eresie, tanto che è dovuto essere proibito. Ad esempio, metteva in dubbio la presenza reale del Signore nell’Eucaristia (ormai capito il motivo per cui il ritorno alla mano), cambiava il concetto della transustanziazione e la stessa parola per il termine transignificazione (che non è lo stesso), negava la presenza di Cristo nei frammenti staccati, non distingueva il sacerdozio ministeriale e gerarchico dal battesimale o comune dei fedeli (da qui anche perché hanno impiantato i cosiddetti ministri straordinari dell’Eucaristia che potevano “celebrare” l’Eucaristia!). I capi delle tremende eresie erano Schillebeeekx e Boff. Con la Comunione nella mano, che questi episcopati fortemente influenzati dalla corrente modernista eretica, protestantizzante, mettevano in rilievo la convinzione che non vi è presenza reale (l’Eucaristia è soltanto un memoriale, non c’è nemmeno alcun sacrificio nella celebrazione), né sacerdozio ministeriale. Ovviamente, c’è coerenza tra la pratica che hanno imposto e ciò in cui hanno creduto. Da parte loro, i protestanti hanno ragione in termini di non avere presenza reale perché nessuna successione apostolica che supportano il sacramento dell’ordine o sacramento dell’Ordine, non hanno vera Eucaristia. I protestanti ricevono pane e nient’altro. Per contro, noi sì riceviamo il Corpo di Cristo che è stato consacrato dal sacerdote durante il sacrificio eucaristico.

Nonostante la dichiarata opposizione di papa Paolo VI e dei successivi papi, la comunione in mano fu introdotta come concessione, o più propriamente indulto, sotto la pressione di quei vescovati del nord Europa. Papa Paolo VI cedette alle pressioni ma chiarì la sua posizione e persino la sua antipatia per quel cambiamento. Nella sua istruzione “Memoriale Domini”, ancora pienamente in vigore del 1967 Paolo VI ribadisce che l’ostia deve essere ricevuta nella lingua, e tra gli altri argomenti, dice: “I vescovi di tutto il mondo si oppongono unanimemente alla comunione nella mano. Questo modo di distribuire la comunione deve essere osservato, cioè il sacerdote deve mettere l’ostia nella lingua del comunicante. La comunione nella lingua non toglie in alcun modo la dignità a chi fa la comunione. Ogni innovazione può portare all’irriverenza e alla profanazione dell’Eucaristia, così come può influenzare (negativamente) gradualmente la corretta dottrina“. Questi punti sono fondamentali perché il Papa ha anticipato ciò che stava per accadere: è esattamente ciò che sta accadendo, dal momento che questa modalità di comunione, in piedi e nella mano, ha fatto dell’Eucaristia, che è la persona di Cristo, un oggetto. L’Eucaristia è stata “cosificata”, trattata come un oggetto e il più delle volte nemmeno prezioso. Queste sono vere profanazioni, che è rendere profano ciò che per natura è sacro. E così avvenne che la dottrina della presenza reale sia stata profondamente influenzata, al punto che molte persone credono che nell’Eucaristia ci sia una presenza simbolica ma non reale. (E questo io lo comprovo nelle mie missioni).

Lex orandi, lex credendi, cita il famoso adagio. Celebriamo la nostra fede. La liturgia è un riflesso di ciò in cui crediamo. Cosa direbbe, ad esempio, un musulmano che vede come viene distribuita la comunione e come si fa la comunione in mano? Direbbe: non è vero che questi credono di ricevere Dio. Dio non è trattato in questo modo!

Così mentre celebriamo ciò che noi crediamo, per mezzo della liturgia, in questo caso la comunione nella mano, si finisce -attraverso il gesto vuoto di riverenza e sprovvisto di ogni segno di sacralità e di mistero- di credere in ciò che si celebra. E così in una sorta di retro alimentazione negativa, la comunione nella mano ha provocato e provoca la perdita della fede cattolica nell’augusto sacramento.

Tornando al documento Memoriale Domini, esso aggiungeva: “Il Sommo Pontefice giudica che il tradizionale e antico modo di amministrare la comunione ai fedeli non dovrebbe essere cambiato. Pertanto la Sede Apostolica invita fortemente i vescovi, i sacerdoti e il popolo a osservare questa legge con zelo “.

Nel 1980 Giovanni Paolo II, nella sua lettera “Dominicale Cenae”, riconfermò che toccare il Santissimo Sacramento è “un privilegio dei (ministri) ordinati”.

Nonostante tutto, dinanzi alla diffusione degli abusi, invece di reprimere l’errore, si iniziarono piccole concessioni che, come alcuni anticiparono, divennero una regola universale. Come qualcuno ricordava: l’uomo è così: meno è chiesto e meno fa e questo è vero non solo nell’ordine materiale ma anche nell’ordine spirituale.

I rinnovamenti liturgici che sono venuti nel dopo Concilio, [ma che non hanno nulla a che fare con il Concilio in sé (basta leggere la Costituzione Sacramentum Concilium) per rendersene conto!], hanno attaccato la centralità dell’Eucaristia soprattutto nella rimozione del tabernacolo dal centro e imponendo la comunione nella mano. Ciò in aperto e totale contrasto con il vero Concilio perché, come ho prima accennato, nei documenti conciliari si dice che l’Eucaristia è la fonte e il culmine della vita spirituale della Chiesa e della sua missione; ed esorta anche a una fruttuosa partecipazione all’Eucaristia. Sacrosantum Concilium, la costituzione sulla liturgia, dice: “è necessario che i fedeli si avvicinino alla sacra liturgia con una disposizione retta della mente, mettano la loro anima in consonanza con la loro voce e collaborino con la grazia divina, in modo da non riceverla invano. Per questo motivo, i pastori di anime dovrebbero essere vigili in modo che nell’azione liturgica non solo si osservino le leggi relative alla celebrazione valida e legittima, ma anche che i fedeli vi partecipino consapevolmente, attivamente e fruttuosamente “. Non si può essere consapevoli della presenza reale di Dio quando lo si prende per mano e trattandolo come una cosa, senza alcun gesto di adorazione.

Uno degli ultimi documenti di Giovanni Paolo II è stato Ecclesia de Eucharistia. Nel suo numero 61 dice: “Il mistero eucaristico non consente riduzioni o strumentalizzazioni. A questo invita la tradizione ininterrotta, che fin dai primi secoli, è stato testimone di una comunità cristiana zelante nel custodire il tesoro … Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché in questo sacramento è riassunto tutto il mistero della nostra salvezza “.

Molto di più potrebbe essere aggiunto. Per coloro che vogliono sapere di più su come questa pratica è stata introdotta in Argentina, raccomando di leggere il libro di Mons. Rodolfo Laise, vescovo emerito di San Luis. Chiudo con una testimonianza personale che per me è stato un segno di Dio che voleva trattasse questo problema (che stavo posticipando). E’ molto recente. E’ successo a Vienna nel Kapuzinkirche. Dopo la Messa un uomo molto commosso mi ha si è avvicinato. Sentiva lui l’urgenza di dirmi quasi segretamente cosa gli era successo dopo la comunione. Aveva sentito dentro di sé come una voce interiore che gli diceva: “Perché mi prendi con la mano?”

Frammento della lettera che ho inviato al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, il card. Cañizares.

Vi scrivo, Eminenza, con il duplice scopo di esprimere una preoccupazione di vecchia data e allo stesso tempo condividere alcuni pensieri che possono contribuire a eventuali soluzioni.

Andando diritto alla questione, questa lettera riguarda il maltrattamento dato all’Eucaristia, la sua banalizzazione e dissacrazione che osservo lungo le mie missioni in Europa, promuovendo l’ Adorazione Eucaristica Perpetua tra fedeli laici. Di fronte all’ indifferenza e persino la negazione dell’adorazione al Signore, san Francesco anche oggi fa sentire il suo clamore triste: “L’Amore non è amato”. Questa spiacevole situazione contrasta seriamente e si oppone alla richiesta del Santo Padre quando invita la Chiesa a uscire da se stessa e andare nelle periferie.

E ‘chiaro che quando il Santo Padre ci chiama ad andare alle periferie, non è per portarci noi stessi nudi nella nostra debole umanità, ma per essere rivestiti in Cristo, ad essere suoi testimoni e portatori. Per questo motivo, tutte le azioni caritatevoli e la missione evangelizzatrice della Chiesa, nata dall’incontro e rapporto intimo con Dio nell’Eucaristia, richiede la massima cura e reverenza nelle celebrazioni -dove insieme alla dimensione sacrificale della Messa è enfatizzato anche quella della presenza divina del Signore e la sacralità del banchetto- e la promozione di momenti di adorazione e di dialogo personale davanti al Santissimo Sacramento. È possibile affermare che dove non c’è riverenza per l’Eucaristia, dove non c’è adorazione, non c’è neanche un’autentica evangelizzazione.

Tuttavia ho potuto vedere che, quando, per l’Adorazione perpetua, mettiamo Cristo al centro della vita ecclesiale e personale, il Signore attira tutti verso di Lui e soprattutto a quelli che sono i più lontani. Si potrebbe dire che la periferia, da quella misteriosa forza centripeta, è attratta verso il centro, dove al Signore si rende culto d’incessante adorazione. L’adorazione, quindi, diventa evangelizzazione in sé, non solo per via della testimonianza visibile, ma soprattutto per la cooperazione all’opera di Dio che ogni adoratore realizza per il fatto di adorare. Allo stesso modo, accade che molti adoratori si siano sentiti interpellati e spinti dal Signore a compiere opere di misericordia.

Pertanto, per ciò che vedo positivo e quello che ho dovuto soffrire nel guardare tanta indifferenza e l’ignoranza dinanzi alla presenza viva, reale, sostanziale del Signore nell’Eucaristia, concludo che è urgente e necessario essere consapevoli del problema per prendere urgentemente delle misure correttive. In particolare e come il modo migliore per dimostrare la presenza divina attraverso il linguaggio del corpo che esprime la nostra piccolezza e gratitudine alla divinità assoluta e amorevole condiscendenza di nostro Signore, chiedo che la comunione sia ricevuta con ogni senso di adorazione, quindi in ginocchio e nella bocca.

 

Catechismo Romano: “Così come, di tutti i sacri misteri che il Signore nostro Salvatore abbia affidato a noi come strumenti più certi della grazia divina non c’è nessuno che possa compararsi con il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, allo stesso modo non deve temersi da Dio punizione più grave di qualunque peccato, che se una cosa così piena di ogni santità, o meglio, che contiene lo stesso autore e la fonte della santità, non viene trattata santa e religiosamente dai fedeli. ”

Parte II, cap. 4

p. Justo Lofeudo, MSE