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Santi con speciale devozione eucaristica
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Madre Maria Francesca Foresti, venerabile

Pubblicato il 26 Novembre 2023

Fondatrice della Congregazione Suore Francescane Adoratrici, presso Villa Foresti, Via Emilia, 339 – loc. Maggio Ozzano Emilia (BO)

www.suorefrancescaneadoratrici.it

Non è affatto semplice presentare una spiritualità così ricca e varia come quella di M. Francesca Foresti , sottoposta dal Signore a tutte le più dure prove purificatrici per essere poi innalzata alle più alte vette della santità. L’immagine più appropriata per descriverla è quella di un diamante purissimo, che non significa solo trasparenza cristallina, ma anche fortezza irresistibile; le tante sfaccettature del diamante possono far pensare ad altrettanti aspetti caratteristici e carismatici della sua spiritualità. In breve: quanto di più bello e prezioso vi è sulla faccia della terra!

(vedere pag. 50 del libretto grigio “M. Francesca Foresti fondatrice dell’Istituto delle Suore Francescane Adoratrici”. Autori vari.)

E’ stata un’anima squisitamente contemplativa e, quindi, squisitamente francescana: si rimane davvero ammirati nel vedere con quanta spontaneità, da tutti gli avvenimenti, da tutte le creature e  in tutte le circostanze della vita sapeva risalire a Dio. Per lei il creato era il libro di Dio e  saperlo leggere, preghiera.

Madre M. Francesca Foresti ha vissuto una vita di continua adorazione a Gesù Sacramentato ma, secondo lo spirito dell’Enciclica “Miserentissimus Redemptor”, la peculiare caratteristica è stata quella della riparazione.

Nei suoi scritti spirituali traspare tutto l’ardore della sua anima:

“Il mio cuore soffre terribilmente! Tu lo vedi. Tu hai veduto le pene che durante parte della notte ho sofferto…. E la causa sai qual è? Tu unico mio amore! Si, Tu mi strazi il cuore…. L’unico oggetto che mi occupa sei Tu. Non amo che Te, non mi occupo che di Te!…. Tu ben intendi il mio parlare, Tu che vedi e penetri tutto il mio essere, per me non esisti che Tu solo, tutto il resto non mi occupa affatto…. Non mi piace altro che quello che so venire dalla Tua mano. Io non vedo che Te, amami o odiami se vorrai, io starò ugualmente abbandonata a Te… fa ciò che vuoi, ma fallo direttamente…. Solo dalla Tua mano gradisco il bene e dalla Tua gradisco il male…. Ma Tu solo disponi di me, voglio essere nelle tue mani”.

Ella si è lasciata davvero consumare, “innocente vittima”, dal fuoco del più puro Amore.  Prova ne è stata, fra le continue  sofferenze fisiche e morali,  l’incancellabile sorriso.

 

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ANIMA EUCARISTICA, ADORATRICE, RIPARATRICE E APOSTOLICA
L’adorazione e la riparazione a Gesù Sacramentato è sempre stata l’aspirazione dominante del suo cuore. Fin da giovane passava ogni pomeriggio in profonda adorazione dinnanzi al S.S. Sacramento esposto (fino anche 8 ore al giorno), anche per riparare i sacrilegi e le profanazioni a Lui arrecati.
Nell’agenda n° 26 sulla Spiritualità della riparazione scriverà:
“I continui oltraggi e sacrilegi che i massoni compivano verso Gesù Sacramentato, specie nella mia città, che mi riempivano l’anima di grande amarezza, e mi facevano pregare chiedendo di poter sapere dove erano state portate le S. Ostie rubate, di comunicarmi con Esse, e poi lasciarmi anche, da quei cattivi, uccidere all’istante pur di aver salvato Gesù da quelle mani che lo conservavano nelle loro logge per pugnalarlo ogni notte. Quante volte, con il cuore straziato, passavo davanti al palazzo Bianchetti, al palazzo Pepoli e in altri luoghi dove sapevo esservi logge massoniche per confortare Gesù, là prigioniero, in potere di Satana e dei suoi figli disgraziati…..
Quante volte visitando a S. Giacomo quel Tabernacolo aperto, profanato, dal quale fu di notte strappato Gesù in 60 particole – da un’ infelice giovane caduta nella massoneria, la quale fu costretta, altrimenti l’avrebbero uccisa e, quell’infelice, apprezzava più la vita che Dio!…Pregai tanto per sapere chi aveva commesso quel delitto che, dopo alcuni anni, ebbi modo di conoscerla; di sapere dalla sua bocca, la dolorosa storia e moltissime altre che straziavano il cuore… ma basta
parlare di questi delitti. Ebbene Gesù fece capire chiaro che voleva una schiera di anime vittime riparatrici per essere Lui morto in croce e per gli oltraggi a Lui sacramentato”.
Questi fatti maturarono nel suo spirito l’ispirazione che da tempo avvertiva: di dare inizio ad un’opera con il fine specifico della riparazione verso Gesù Sacramentato. Ciò è stato inizialmente da lei attuato con l’associazione delle “Consolatrici dell’Uomo-Dio” (sciolta dopo pochi anni) poi, successivamente, con la fondazione delle Suore Francescane Adoratrici. Intorno al 1945 la Madre dà vita a due confraternite: la“ Pia Associazione delle Aggregate” e la “Pia Unione delle
Consolatrici”. Dal 1946 al 1953 cercherà di istituire una associazione di “Sacerdoti Adoratori”.
Gesù disse alla Madre che dopo un furto sacrilego della Pisside, oltre alla consueta riparazione, consistente in una giornata di esposizione e adorazione solenne del S.S. Sacramento, tutte le S. Ostie che stavano per essere oltraggiate, sarebbero state consegnate da Dio alle anime riparatrici le quali Le avrebbero dovute chiudere nel loro cuore con una comunione spirituale, prima che fossero oltraggiate. Ciò avrebbe confortato Gesù mentre era profanato. Gesù chiede che le anime riparatrici,
quando fanno la genuflessione, devono ricordare di farla, oltre a Gesù nel Tabernacolo, a tutte le S. Ostie oltraggiate sulla terra.
Gesù Eucarestia era tutta la sua vita e la sua insaziabile brama, tanto da non poter stare neanche un giorno senza fare la Comunione. Vi andava a costo di qualunque sacrificio, affrontando, quando era fuori città, anche ore di cammino su per le colline e, a volte, andava seppur febbricitante.

Dal suo letto, che negli ultimi anni della sua vita era diventato il suo altare, comunicava direttamente, mediante un finestrino, con il Tabernacolo, vivendo così una continua adorazione a Gesù sacramentato.
Per i canti, durante le ore di adorazione, la Madre aveva composto 52 bellissimi memorari a Gesù Sacramentato. Essi rivelano l’ardore della sua anima perché sono un canto di lode, di ringraziamento e d’amore, con i quali, fattasi voce dell’universo, vuol far giungere ininterrottamente il suo grido d’amore a Gesù, specie là dove viene offesa la Sua presenza Eucaristica. La Madre diceva sempre alle sue suore di offrire il loro cuore come Tabernacolo di tutte le S. Ostie oltraggiate e di accogliere con animo ardente e generoso quest’amore disprezzato, affinché non si riversasse sull’umanità che lo rifiuta, in altrettanti castighi.
Nostro Signore ha voluto esserci sempre vicino mediante il Sacramento dell’Eucarestia, ma gli uomini lo dimenticano facilmente ed è per questo che per Madre M. Francesca l’adorazione voleva dire stare con nostro Signore, il parlagli per chi non gli parla, il volergli bene per chi non gli vuol bene, fargli compagnia per chi non gli fa compagnia nemmeno nella S. Messa e, quindi, vuol dire riparare a tanti peccati.
La Madre dirà: “ Io sento che non morirò prima di avere innalzato il primo trono eucaristico” e il 10 Febbraio 1953 arrivò da Bologna il permesso per l’Adorazione perpetua. Nonostante avesse già ricevuto l’olio degli infermi, la notizia la fece rinascere e vivrà fino al 12 Novembre dello stesso anno.
L’Eucarestia è un Sacramento di amore, alla Comunione Gesù non soltanto ci unisce a se facendo circolare in noi il Suo Sangue, ma ci unisce tra noi perché il suo Sangue circoli in tutti noi in un unico corpo; Madre Foresti, alla luce della fede, aveva guardato così al mistero Eucaristico e sentì che non si poteva partire dal trono di nostro Signore, dal suo altare, se non con il cuore pieno di carità e aperto ai fratelli e perciò dirà alle sue figlie che dovranno andare incontro alle necessità dei fratelli.
L’Eucarestia per la Madre era veramente il centro propulsore dal quale scaturisce tutto il dinamismo spirituale ascetico e apostolico delle sue Suore Adoratrici, ella mise in pratica tutte quelle iniziative possibili per il bene delle anime. Durante la sua ultima e dolorosa malattia, lo zelo per le anime era sempre più forte, tanto che le sue ultime parole furono: “ Mio Dio voglio vivere per Te , voglio soffrire per Te, voglio lavorare per la salvezza delle anime”.
L’apostolato dell’Istituto comprenderà:

– opere di apostolato con fine di culto Eucaristico
– opere di assistenza, di educazione e di istruzione cristiana: scuole, educandati, pensionati femminili
– opere formative di perfezione cristiana: catechismo ai fanciulli, assistenza alle associazioni cattoliche, corsi di esercizi spirituali e ritiri; partecipazione ai consigli Parrocchiali e Vicariali, catechesi pre-battesimale nelle famiglie, visite ai malati recando loro in determinate circostanze, anche il conforto spirituale della S. Comunione.
– Eventuali possibilità di aprirsi alle missioni estere.

 

ANIMA VITTIMA

Nel 1918 il Pontefice Pio XI indirizzava al mondo l’Enciclica “Miserentissimus Redemptor”, sul dovere dei credenti di offrire al Cuore Sacratissimo di Gesù, degna riparazione per i peccati dell’umanità. Egli indicò le ragioni per cui gli uomini devono offrire la riparazione con Cristo (unico mediatore tra Dio e gli uomini) al Padre, per i peccati a Lui arrecati: 1) perché Gesù l’ha chiesto espressamente nelle rivelazioni a Santa Margherita; 2) per consolare, con la partecipazione ai suoi dolori, il Cuore Divino oppresso dalla tristezza e dalla angoscia per i peccati degli uomini; 3)
per partecipare noi stessi alla passione del suo Corpo Mistico , che è la Chiesa. Quanto soffre il capo, tanto devono soffrire con esso anche le membra.
Il Papa auspicava che quanti avessero compreso lo spirito di riparazione, avessero anche sfuggito ogni peccato come sommo male, offrendosi alla volontà di Dio e alla riparazione con l’assidua preghiera e con l’uso volontario di penitenze, sopportando con pazienza quelle prove che ne sarebbero derivate.
Quando il Papa parla di famiglie religiose, che giorno e notte, si propongono di fare le veci dell’Angelo consolatore di Gesù, è naturale pensare alla Madre Foresti e alle sue Figlie che, giorno e notte, sostavano in adorazione davanti a Gesù Eucaristico, offrendo umilmente atti di riparazione per il peccato degli uomini.
Sappiamo che la Madre sin da giovane, informata dei ripetuti oltraggi fatti alle S.S. Ostie consacrate, ne provava grandissima pena e sosteneva di essere disposta a dare la propria vita per la conversione degli atei e per impedire tali oltraggi. Sin dalla adolescenza, la sua meditazione preferita era la Passione di Gesù.
Suor Carozzi, delle Figlie della Carità, sua compagna in collegio, ha così scritto nelle sue testimonianze:
“Norina, tra le pratiche religiose, amava molto l’orologio della Passione e sentiva il bisogno di sentirsi unita a Gesù sofferente. Alla sera quando eravamo tutte a letto e in profondo silenzio, una voce flebile e affettuosa si faceva sentire ripetere: – Alle nove nostro Signore andò nel giardino degli ulivi –“
La Passione di Cristo, quindi, è stata la via che la Venerata Madre ha seguito tutta la vita e che l’ha indotta a vivere in offerta di Vittima in comunione con Colui che è “la Vittima immacolata per la nostra redenzione”. Ella aveva compreso che l’unico mezzo per confortare Gesù ed alleviarne le sofferenze era quello di soffrire secondo quanto dice San Paolo: “Completo nella mia carne quello che manca alle sofferenze di Cristo”.
Le crisi dolorose di cuore la tenevano a lungo tra la vita e la morte ma, per quanto le era possibile, nascondeva a tutti il suo soffrire perché voleva che fosse esclusivamente per il Signore. Era sempre serena e sorridente, era felice perché soffriva in unione a Cristo quando era sulla terra e, come Cristo, per la salvezza dei peccatori. Diceva di essere disposta, se fosse piaciuto al Signore, a soffrire fino alla fine del mondo e anche a passare un’eternità di pene per la santificazione dei
Sacerdoti e per la salvezza delle anime.

La riflessione che Gesù è vissuto sulla terra in stato di Vittima, quasi nascosto e sconosciuto dalla maggior parte degli uomini e che come allora, lo è anche oggi nel mistero Eucaristico, rendeva la Madre insoddisfatta del suo soffrire e desiderava che altre anime riparassero all’amore di Dio non conosciuto e disprezzato, perpetuando, nel tempo, l’opera di riparazione da lei iniziata.
Ella era cosciente dei propri limiti e della propria precarietà fisica, si sentiva incapace, ma sentiva nel suo intimo la sicurezza di essere, nelle decisioni prese, nella volontà di Dio perché il suo era “il sentire con Cristo nella Chiesa”. Era forte e intrepida nelle difficoltà, non curante di privazioni e di sacrifici pur di formare un gruppo di anime Vittime che avessero il desiderio di confortare Gesù ovunque, di accompagnarlo e di servirlo da Betlemme al Calvario, per circondarlo di quelle
attenzioni che gli uomini, spesso, dimenticano di dargli. Volle che le sue religiose si impegnassero a vivere nello stato di Vittima, accettando, nella serenità e nella pace, tutti gli eventi della giornata anche se spiacevoli, come pure la malattia. Affidò ad ognuna delle sue Figlie un punto della Passione di Cristo da rivivere e riparare affinché, unendo tutte le riparazioni individuali, Gesù ne ricevesse una più completa, quantunque sempre limitata, perché fatta da creature limitate (ella stessa aveva scelto come obiettivo principale le pene morali di Gesù, senza però trascurare le pene
fisiche). Si spiega, così, perché Madre Foresti facesse portare al collo delle sue Figlie la sigla JHS significante il Sacrificio della Croce e dell’Eucarestia; nutrisse una forte devozione alla S. Sindone (leggere il capitolo “La Sacra Sindone” a pag. 89 del libro “Visse l’Amore più grande”); fissasse spesso nel giorno la considerazione sul punto della Passione affidato a ciascuna religiosa e facesse recitare quotidianamente, dopo la S. Messa, la preghiera sacerdotale di Gesù, così come era scritta nel Vangelo di San Giovanni. Si spiega, altresì, perché nella villa di Maggio vedesse il riflesso di
Betania, dei luoghi e degli atti principali del dramma di Gesù; raccomandasse ai Sacerdoti di vivere e predicare la Riparazione e, a tutti i fedeli, di essere i consolatori del Signore.
Si riportano alcuni appunti dei suoi diari, tratti dal libro “Scritti Spirituali”.
9 Settembre(senza anno):
“Il mio cuore soffre terribilmente! Tu lo vedi. Tu hai veduto le pene che durante parte della notte ho sofferto…E la causa sai qual è? Tu unico mio amore! Si, Tu mi strazi il cuore…L’unico oggetto che mi occupa sei Tu. Non amo che Te, non penso che a Te, non mi occupo che di Te!…Tu ben intendi il mio parlare, Tu che vedi e penetri tutto il mio essere, per me non esisti che Tu solo, tutto il resto non mi occupa affatto…Non mi piace altro che quello che so venire dalla tua mano. Io non
vedo che Te, amami o odiami se vorrai, io starò ugualmente abbandonata in Te…fa ciò che vuoi, ma fallo direttamente…Solo dalla Tua mano gradisco il bene e dalla Tua gradisco il male…Ma Tu solo disponi di me, voglio essere nelle Tue mani”.
Vittima per le pene morali di Gesù. 7 Aprile 1918 pagina 94:
“Ieri sera sentii Gesù al mio capezzale e facendomi conoscere le sue pene mi fece tanto piangere e soffrire. Poi sentii più intenso il bisogno di essere da Lui accettata come Vittima delle sue pene morali, ed ebbi questa ispirazione “Gesù dà a tante anime le stigmate e in altri modi fa parte delle sue pene fisiche ebbene se sarò contenta nel chiedere a Lui la grazia di manifestarmi le sue pene morali lo otterrò”.

 

MEMORARI A GESU’ SACRAMENTATO 

“Per i canti durante le ore di adorazione la Madre Fondatrice ha composto 52 bellissimi memorari a Gesù Sacramentato. Essi rivelano l’ardore della sua anima, poiché sono tutti un canto d lode, di ringraziamento e di amore, con i quali, fattasi voce dell’universo, (quasi per ogni singola creatura) vuolfar giungere ininterrottamente il Suo grido d’amore a Gesù, specie là dove viene offeso nella Sua presenza Eucaristica”.

(Suor Marta Brandi — Autori Vari: Maria Francesca Foresti fondatrice dell’istituto Suore Francescane Adoratrici pag. 58)

Ancora oggi, le Suore Francescane Adoratrici cantano quotidianamente alcuni memorari con l’intenzione di donare i loro pensieri e affetti a Gesù Sacramentato presente in ogni Chiesa e luogo dove I”ingratitudine degli uomini Io oltraggia. Con questa preghiera le Suore chiedono a Gesù: “Ricordati di noi quando ti trovi solo, abbandonato nelle tue Chiese ed oltraggiato, che noi vogliamo consolarti e amarti tanto. Si, ricordati di noi che siamo a Te consacrate e abbiamo tanti bisogni temporali e spirituali, tante cose da raccomandarti e da attendere dalla tua coritò, specie questa grazia … “. 

 

 
 

Maria Costanza Zauli
fondatrice delle Ancelle Adoratrici del Santissimo Sacramento
Bologna

Pubblicato il 7 Gennaio 2018

“Mai come in questo momento avevo sperimentato un’unione tanto forte ed intima con Gesù. Una simile intimità di rapporti non l’avrei mai creduta possibile sulla terra.
A Lui parlo semplicemente di tutto: lo ringrazio, magnifico la sua bontà, offro il valore infinito del suo istante eucaristico al divin Padre per ottenere misericordia al mondo.
Su tanto turbinio di tempesta, l’unica luce che brilli fra le tenebre è l’Eucaristia. Credo alla sua potenza; e mi tengo tranquilla e sicura. Gli avvenimenti avversi, le tante prove che vanno moltiplicandosi non velano al mio sguardo la vista del mio Dio e di tutte le sue infinite perfezioni. Cerco di rimanere immersa in Lui; e, più mi affondo, più ardo della fiamma della divina carità che mi divora di zelo per la sua gloria e per la salvezza di tutte le anime.
È per me un vero tormento vedere quale vampa di odio, quali ingratitudini, quali oltraggi salgano dalla terra al Trono di Dio. Vorrei avere a mia disposizione eserciti di anime fedeli ed amanti per tutte impegnare alla riparazione.
Dopo la S. Comunione, mentre ringraziavo Gesù del dono immenso che ci fa donandosi a noi e rimanendo con noi, mi ha risposto essersi incarnato per il compimento dell’opera redentrice, per poter appagare il suo infinito amore, che si soddisfa in pieno nell’unione colla sua creatura.
Nell’unità di comunione con Lui è tutta la forza della nostra minima via. Quante volte in passato, durante le mie adorazioni notturne, Gesù parlava di questo desiderio del suo amore, facendomi osservare come le manifestazioni fatte alla prediletta discepola S. Margherita Maria Alacoque non fossero state intese che troppo superficialmente, alimentando una devozione che non arriva a soddisfarlo in pieno, non raggiungendosi per essa quella unità che egli brama stringere con i nostri cuori!
Il Cuore divino è vivo e palpitante nell’Eucaristia. E, soltanto comprendendo ove debba attingersi e trovare l’amore, si giungerà alla perfetta fusione dei cuori.” 

dal libro “Adorazione”
Maria Costanza Zauli fondatrice delle Ancelle Adoratrici del Santissimo Sacramento – Bologna


Madre Mectilde del SS Sacramento

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

Vorrei sapere, sorelle mie, in che modo trascorrete le vostre ore di adorazione davanti al SS. Sacramento.
Voi infatti andate davanti a un Dio umiliato e annientato per amor vostro e che non è contento di esservi adorato, ma vuole ancora esservi mangiato.
E come il pane nella vita del corpo è il più nutriente degli alimenti che abbiamo e quello che mangiamo più sovente, Gesù Cristo Nostro Salvatore si pone sotto la forma del pane per essere nostro alimento, ed è suo desiderio essere mangiato da noi, e, che viviamo della sua vita come Egli vive di quella del suo divin Padre.
Avete la fortuna di comunicarvi così spesso, vivete di questa vita divina …
Gesù mio Salvatore non è solo in questo adorabile Sacramento per esservi adorato, ma ancora per esservi mangiato.
È dottrina della fede che mangiamo il corpo di un Dio uomo, di un uomo Dio, che l’amore tiene prigioniero sotto le specie del Pane e del Vino e che mai la malizia degli empi con tutte le loro rabbie e gl’insulti dei libertini è stato capace di fargli abbandonare i nostri tabernacoli, tanto è grande l’amore di Gesù Cristo per noi.
Anche nel Vangelo Egli ci dice:

«Sarò con voi fino alla consumazione dei secoli».

Ecco ancora una volta dove giunge l’amore del mio Dio per le sue creature (54).

N. 246 Conferenza alle Novizie, Dicembre 1687.

3 Mt. 28, 20. (54)

KARL RAHNER in «L’Eucharistie et les hommes d’aujourdhui», Mame, 1966, p. 147-156, giustifica la devozione al SS. Sacramento in termini che illuminano perfettamente il pensiero di M. Mectilde.
«La riflessione teologica destinata a illuminare il problema della “visita” (al SS. Sacramento) si fonda essa stessa sul principio fondamentale enunciato dal Concilio di Trento:
“L ‘Eucaristia è stata istituita per essere ricevuta come alimento”».

Questo principio implica certamente la presenza reale di Cristo, poiché l’alimento offerto altro non è che il suo corpo e il suo sangue.
Ma oltrepassa questa semplice affermazione, poiché ci presenta il dono che ci è fatto come destinato a essere ricevuto in nutrimento.
Bisogna quindi adoperarlo qui in tutta l’ampiezza del suo contenuto …
È evidente ~ si dirà ~ che il Cristo merita l’adorazione quando ce ne «serviamo», perché è presente quando si dà a noi come alimento di vita eterna.
Ma come, partendo da questo principio di base, giustificare un culto fuori d’una simile presenza, un culto che non si confonda con l’adorazione del Signore necessariamente in concomitanza al ricevimento del suo corpo, un culto che si situa fuori d’una simile accoglienza e indipendentemente da essa?

Nostro Signore Gesù Cristo dà le sue grazie quando meno ci si pensa.

Alla Comunione ho avuto due pensieri.

Il primo, come Gesù Cristo al presente riparava Egli stesso la gloria di suo Padre nelle anime dei fedeli, che Lui solo era il vero riparatore e che Egli attuava continuamente nel SS. Sacramento dell’altare quello che aveva fatto una volta sulla croce durante le tre ore in cui vi era rimasto appeso.

Ciò che Cristo ci dona, se ci si attiene alle sue stesse parole interpretate direttamente secondo il significato che hanno nella lingua aramaica, è Lui stesso: non si vede d’altronde S. Giovanni (6, 57) usare la prima persona del pronome personale in luogo della «carne» e del «sangue»? E dunque interamente se stesso che dà in nutrimento.

Perciò l’adorazione è qui pienamente legittima, perché è a Lui che è rivolta e non ad un alimento che si compone di «elementi».
Se il Signore, con la sua realtà corporea, la potenza creatrice della salvezza e della nuova Alleanza, è là come nutrimento, Egli è come alimento offerto a nostro uso e non tanto come alimento che si è già ricevuto …

Una frase come questa: «Il Cristo è là come nutrimento», non potrebbe nel linguaggio biblico, significare che Egli sarebbe reso presente dal fatto che lo si riceve in alimento, ma piuttosto che è presente per essere’ ricevuto in nutrimento ..

Se si comprende questo non ci sono più difficoltà insormontabili ad ammettere la proposizione che segue:
fintanto che il nutrimento è là, destinato ad essere ricevuto, il Signore è là per essere ricevuto da noi;
e finché Egli è là come non potremmo e non dovremmo andare a Lui come al Signore che si è dato per noi e che vuole donarsi a noi?
Fintanto che il pane rimane pane … il Cristo è lì presente, il Cristo che si offre in nutrimento cori tutto ciò che questo implica come attitudine corrispondente da parte dell’uomo chiamato a riceverlo.
Ecco ciò che legittima il culto di adorazione verso l’Eucaristia ..

La presenza di Cristo, dovunque la si trova realizzata, è, sotto specie sensibili, la presenza stessa della nostra salvezza: una presenza che ricorda l’atto sacrificale e sacramentale al quale deve la sua origine, una presenza che prelude al ricevimento dell’Eucaristia, quell’atto attraverso il quale quella salvezza diverrà pienamente e sacramentalmente nostro bene personale …

Ci si potrebbe inoltre ricordare quando si è davanti al SS. Sacramento che esso rappresenta ugualmente il segno sacramentale dell’unità della Chiesa.
Nella visita al SS. Sacramento siamo dunque davanti al Cristo in quanto unità della Chiesa, davanti al mistero stesso della Chiesa, davanti alla manifestazione più santa di questa Chiesa che è essa stessa, sotto il suo aspetto visibile, la forma storica e sensibile della salvezza che Dio opera per noi.

E’ così facile capire a qual punto la «devozione al tabernacolo» più personale, lungi dall’essere il segno di un individualismo religioso, costituisce, se riveste un’espressione conveniente, un Aveva perfettamente e interamente soddisfatto alla giustizia del Padre per il passato, il presente e l’avvenire (55).

Gli ho detto: «.

Il secondo, che bisogna perfettamente dimenticarsi di se stesse se vogliamo essere di Gesù Cristo.

N. 2290 Scritto

O mistero adorabile, ma mistero d’amore incomprensibile!
È la festa delle feste in cui un Dio dà tutto se stesso con le sue infinite perfezioni, con profusione e prodigalità, nella misura con cui ci saremo prese cura di prepararvici. E oso dire
che, Egli Dio ed onnipotente quale è, non può fare di più per la sua creatura …
Nostro Signore, in tutti i divini e adorabili misteri ch’Egli ha operato non ebbe che due obiettivi: di glorificare suo padre e di procurare la salvezza degli uomini. Ma nell’Eucaristia questo divino amante dei nostri cuori vi è rinchiuso unicamente per l’amore delle sue creature e vi dimorerà fino alla fine dei secoli …
Cosa può fare di più, sorelle mie? Un Dio viene Lui stesso nel più intimo del nostro cuore. Perché? Per farci dei piccoli déi e renderei mediante la sua grazia ciò ch’Egli è per natura. Cosa volete di più grande, di più santo, di più divino?

Oh! Dunque, sorelle mie, quale vantaggio possedere questo Dio santo: e quanto poco è conosciuto il dono di Dio! Oh!
Se avessimo un po’ di fede, dove saremmo arrivate?
mezzo per manifestare la propria appartenenza alla Chiesa e la convinzione che si ha di esserne responsabili, come pure ottima occasione di pregare per la Chiesa ..(55)

In virtù della consacrazione, le specie del pane e del vino rendono così presenti nuovamente, in maniera sacramentale e non cruenta, il sacrificio cruento di propiziazione che Egli ha offerto al Padre sulla Croce per la salvezza del mondo. Egli solo in effetti, offrendosi come vittima di propiziazione in un atto di donazione supremo e d’immolazione, ha riconciliato l’umanità col Padre con il suo unico sacrificio «cancellando il chirografo del nostro debito» (Mistero e culto dell’Eucaristia- Giovanni Paolo II, marzo 1980).
Quando siete alla sua divina presenza non basta dirgli con la bocca (57) :
«Mio Dio, vi adoro»; questo è qualche cosa, ma bisogna adorarlo in verità, cioè con le opere; questo si chiama vivere di fede; e non dite che questo è troppo alto per voi: è vostro dovere vivere di fede e conformarvi in tutto a Gesù Cristo.

Non dobbiamo ingannarci; l’abbiamo promesso nel battesimo, ma altresì nella nostra professione.
Ne dovremo rendere conto un giorno e saremo giudicate secondo il buono e cattivo uso che ne avremo fatto. Dite in ogni vostra azione:
«Devo fare questo come Gesù Cristo l’ha fatto quando era sulla terra. Ecco il mio modello, non posso averne altri».
Imprimiamocelo una buona volta nello spirito con serie riflessioni: bisogna che la mia vita sia conforme a quella di Gesù Cristo nel SS. Sacramento.

N. 1193 Capitolo sulla presenza di Dio e del rapporto che dobbiamo avere con Gesù Cristo nel SS. Sacramento

Adorare un mistero così indicibilmente superiore all’intelligenza umana è ciò che attira su di noi le divine compiacenze di Dio che ci guarda con amore.
Andate dunque in spirito di fede ai piedi del tabernacolo ‘;

La preghiera davanti al SS. Sacramento.
I fedeli poi, quando venerano Cristo presente nel Sacramento, ricordino che questa presenza deriva dal Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale insieme.
La pietà, dunque, che spinge i fedeli a prostrarsi presso la santa Eucaristia, li attrae a partecipare più profondamente al mistero pasquale e a rispondere con gratitudine al dono di colui che con la sua umanità infonde incessantemente la vita divina nelle membra del suo Corpo. Trattenendosi presso Cristo Signore, essi godono della sua intima familiarità e dinanzi a lui aprono il loro cuore per loro stessi e per tutti i loro cari e pregano per la pace e la salvezza del mondo. Offrendo tutta la loro vita con Cristo al Padre nello Spirito Santo, attingono da quel mirabile scambio un aumento di fede, di speranza e di carità. Alimentano quindi così le giuste disposizioni, per celebrare, con la devozione conveniente, il memoriale del Signore e ricevere frequentemente quel pane che ci è dato dal padre.
Attendano, dunque, i fedeli con ardore alla venerazione di Cristo Signore nel Sacramento, secondo il loro stato di vita.
(Eucharisticum Mysterium n. 50).
e lasciatevi bruciare alla divina presenza di questo Dio d’amore; non potreste fare nulla di meglio. Ma non presentatevi che con una profonda umiltà, perché non c’è disposizione che onori tanto Dio e lo glorifichi di più in noi della nostra profonda umiliazione; poiché, non ingannatevi, non sono né i bei pensieri, né i bei sentimenti che ci rendono gradite a Lui, ma la vera conoscenza di noi stesse … Guardatevi bene dal lasciar spegnere il fuoco del suo amore nel vostro cuore. Non saprò mai ripetervelo abbastanza, ma piuttosto, ancora una volta, lasciatevi bruciare alla presenza di questo Dio d’amore.
Per essere sempre in adorazione non è necessario dire ad ogni momento: «Mio Dio, vi adoro». Un solo atto basta e finché voi agite in virtù di quest’atto siete in adorazione, purché non facciate nulla che gli sia contrario.
Non fate, dunque, che un atto di adorazione che continui il suo influsso: nello stesso modo un atto di umiltà e cercate che perduri, perché, se volete che la vostra adorazione sia gradita a Dio, bisogna che sia sempre accompagnata da questa santa virtù che vi attirerà le sue grazie e vi renderà degne della sua unione divina …
Con la Santa Comunione Gesù viene a comunicarvi questa vita divina.

N. 1010 Capitolo, 29 Aprile 1695

Dobbiamo essere sommamente sorprese nel vedere con quale ardire si entra nelle Chiese e come noi stesse entriamo in coro che è un luogo santificato dalla presenza reale di Dio. Oh! Se potessimo vedere l’atteggiamento degli angeli e dei santi davanti al Sacramento adorabile, non ardiremmo certamente di entrarvi senza timore, senza rispetto e senza stupore. È qui che la fede ci manca.

N. 2176 Scritto

Non mancate di adorare il SS. Sacramento che è la principale e la più grande devozione e quella che tutti i cristiani devono avere ” … Compite dunque questo dovere con più cura
e fedeltà che mai, con un nuovo fervore, ardore e amore per Gesù Cristo che si dà a noi in questo prezioso mistero.

N. 138 Capitolo, 12 Agosto 1695

Gesù nel SS. Sacramento dell’altare sia l’unico scopo della nostra esistenza!
Monsignore, la grazia che ci è stata fatta di darcelo nella nostra cappella mi ha tolto la libertà di rispondere prima alla
vostra cara lettera del 23 del mese scorso. La consolazione che abbiamo non si può esprimere e oso assicurarvi che Egli fa sentire molto la sua presenza reale (59) in questa casetta, perché
ci sembra che tutti i nuovi angoli e cantucci ne siano pieni, e ne vediamo gli effetti. Non siamo tuttavia completamente sistemate;
non abbiamo la Croce, benché siamo accolte, ma non abbiamo fretta per il resto; è. sufficiente che abbiamo Dio nel SS. Sacramento. Dobbiamo portare la nostra croce dentro (come)
alla porta del monastero.

N. 1864 Al Signor De Rocquelay, 10 Aprile 1653 (58)

«La devozione, sia privata che pubblica verso il Sacramento dell’altare, anche al di fuori della Messa, secondo le norme stabilite dalla legittima autorità e nella presente Istituzione, è caldamente raccomandata dalla Chiesa, perché il Sacrificio eucaristico è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana» . (Eucharisticum Mysterium n. 58).
(59)

«L’esposizione della Santissima Eucaristica, sia nella pisside che nell’Ostensorio, conduce la mente dei fedeli a riconoscere in Essa la mirabile presenza
del Cristo e invita alla comunione dello spirito con Lui. Perciò, alimenta egregiamente il culto dovuto al Cristo in spirito e verità». (Eucharisticum Mysterium n. 60).
«Non sarà fuor di luogo ricordare che lo scopo primario e originario della conservazione nella chiesa delle sante Specie al di fuori della Messa è l’amministrazione del Viatico; scopi secondari sono la distribuzione della comunione al di fuori della Messa e l’adorazione di Nostro Signore Gesù Cristo, presente sotto quella Specie» (108). Infatti, «la conservazione delle sacre Specie per gli infermi fece sorgere la lodevole abitudine di adorare questo cibo celeste, che è riposto nel tempio. E invero questo culto di adorazione poggia su valida e solida base (109), soprattutto perché la fede nella presenza reale del Signore conduce naturalmente alla manifestazione esterna e pubblica di quella fede medesima».
Eucharisticum Mysterium n. 49).
Il mio spirito vi pensa spesso davanti all’augusto Sacramento dove so che state quanto più vi è possibile per effondervi il vostro cuore, in sincera adorazione di questo Dio tutto amore annientato nell’Ostia (60).

Oh! Quali meraviglie si trovano in questo ineffabile Sacramento! L’amore fa qui tutti i suoi sforzi e sembra che non possa inventare nulla, che lo manifesti, più ricco di misericordia, agli uomini. La Chiesa ci presenta questo Dio di maestà nel seno prezioso di una Vergine; noi l’adoriamo con stupore che non riusciamo ad esprimere …
Cercate, mia cara figlia, di avere amore per questo adorabile Bambino il quale non è che amore e che vi ama di un amore infinito. Pregate la SS. Madre di Dio che vi faccia dono del suo amore per amarlo nel presepe e nel SS. Sacramento dell’altare.

N. 2203 Alla Signora De Forax, Dicembre 1661


San Giovanni Bosco

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

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Santi con speciale devozione eucaristica

San Giovanni Bosco

 

 

 

 

L’ opera di Giovanni Bosco non può essere concepita senza l’ Eucaristia.

Non esiste maggior felicità che una comunione ben fatta, diceva.

 

Estratto dall’ agenzia ZENIT

 

Giovanni Bosco sempre parlò ai suoi ragazzi dell’ Eucaristia con quella particolarità tipica di un cuore innamorato. Frequentemente, quando predicava, quando descriveva l’ amore infinito di Gesù per gli uomini, gli scendevano le lacrime e le toglieva a chi lo ascoltava. Anche, nei momenti di relax, quando si parlava dell’ Eucaristia, il suo volto si illuminava e domandava: “Vogliamo essere tristi o contenti ? Amiamo con tutto il cuore Gesù sacramentato”.

“Non esiste felicità più grande su questa terra che quella che scaturisce dalla comunione ben fatta” , ricordava.

La cosa più curiosa di Bosco, che è stato un gran maestro dell’ evangelizzazione attraverso l’ espressione artistica e i mezzi di comunicazione, è che nelle sue Messe non faceva gesti speciali, tuttavia, lo spirito con cui la viveva faceva in modo che la gente facesse a gara per poter partecipare alle sue Messe.

San Giovanni Bosco (1815-1888) dedicò la sua vita per l’ educazione dei giovani più poveri e abbandonati. Fondò la congregazione dei Salesiani destinati a procurare a questa gioventù una formazione umana integrale che comprenderà tanto il campo intellettuale e religioso come quello professionale.

Grande protettore dell’ infanzia, san Giovanni Bosco diceva ai ragazzi e ai suoi confratelli: ” Non esiste nulla che il demonio tema di più di queste due cose: una comunione ben fatta e le visite frequenti al Santissimo Sacramento: Volete che il Signore ci doni tante grazie? Visitatelo spesso. Volete che il Signore ce ne dia poche? Visitatelo poche volte”.

Le sue ultime raccomandazioni ai suoi figli e alle sue figlie spirituali furono:

“Diffondete la devozione a Gesù sacramentato e a Maria ausiliatrice e vedrete quali saranno i miracoli.

Aiutate molto i ragazzi poveri, i malati, gli anziani e la gente che più ha bisogno, e otterrete enormi benedizioni e aiuti da Dio. Vi aspetto tutti in Paradiso”.


San Pio da Pietralcina

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

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Santi con speciale devozione eucaristica

San Pio da Pietralcina

 

 

 

Francesco Forgione (1887-1968), Padre cappuccino Pio da Pietralcina, era un innamorato di Cristo nell’ Eucaristia. I cinquantotto anni di vita sacerdotale furono impiegati in maniera particolare per collaborare con Cristo Salvatore, attraverso la Messa e il Sacramento della Penitenza, per la redenzione dell’ umanità peccatrice. Questa fu la sua missione.

In una preghiera solenne della Chiesa si dice “che ogni volta rinnoviamo la celebrazione di questo Sacrificio, realizziamo l’ opera della nostra Salvezza”.

E Paolo VI, nel Credo del popolo di Dio (1968), conferma solennemente la fede della Chiesa: “Noi crediamo che la Messa, celebrata dal sacerdote rappresentando la persona di Cristo, è realmente il sacrificio del Calvario, che si fa sacramentalmente presente nei nostri altari”.

Questa misteriosa realtà era vissuta molto intensamente da Padre Pio e con una veridicità commovente durante la celebrazione della santa Eucaristia.

Da Padre Pio:

“Tutto ciò che Gesù ha sofferto nella sua Passione –diceva- lo soffro anch’ io, in quanto è possibile in una creatura umana”.

L’ ambasciatore di Francia, Wladimir d’ Ormesson, che negli anni cinquanta assistette con sua moglie ad una Messa di padre Pio, realmente impressionato così la descrive :

“Alle sei padre Pio entra in cappella, il capo coperto dal suo cappuccio da cappuccino. Lo aiutano due chierichetti, e si fa strada con difficoltà. Poiché un mormorio crescente va aumentando fra i suoi assistenti, lui si gira per far silenzio, sale la gradinata dell’ altare, e scopre il suo capo.

“Mai nella mia vita ho assistito ad una Messa tanto impressionante. E tanto semplice. Padre Pio compiva solo i riti tradizionali. Recitava i testi liturgici con una tale chiarezza e convinzione, metteva nelle invocazioni una tale intensità, e i suoi gesti, nell’ essere sobri, avevano una tale grandezza che la Messa arrivava ad essere cio’ che era in realtà, e che ci siamo spesso dimenticati – un atto assolutamente soprannaturale. Elevata l’ ostia, alzato il calice, padre Pio si immobilizzava nella sua contemplazione…..dieci, dodici minuti……in mezzo a così tanta gente, si sentiva solo il bisbiglio della sua preghiera. Veramente lui era l’ intermediario fra Dio e gli uomini.

“Mia moglie, che stava un poco di lato, nel momento della consacrazione vedeva chiaramente uscire sangue dal palmo delle sue mani….

Le stigmate permanenti di padre Pio durarono esattamente 50 anni: dal 1918 al 1968. Tre giorni dopo la sua morte, sparirono completamente da lui.

“Dopo la benedizione finale al popolo che assisteva, volli guardare il mio orologio, e vidi che la Messa era durata esattamente un’ ora e cinquanta minuti”. (Yves Chirac, Padre Pio, Perrin, Parigi 1989, 207-209).

“A una persona che un giorno gli chiedeva quale era la sua missione sulla terra (Padre Pio) gli rispose con una sola frase : “Io sono un confessore”.

“E la verità era che il padre passava nel confessionale un numero incalcolabile di ore. Nei giorni di festa o di maggior assistenza, una volta celebrata la Messa, era capace di passare il giorno intero ascoltando confessioni. Una delle grazie che Dio gli faceva, e che impressionava molte volte i suoi penitenti, era che sapeva leggere nelle anime che gli si avvicinavano a chiedere il perdono dei loro peccati. A qualcuno che non si era confessato da molto tempo, gli ricordava discretamente dei suoi peccati passati con assoluta precisione.

“Qualche volta arrivò a negare l’ assoluzione al penitente che non si pentiva veramente né dimostrava un proposito fermo di correggersi. Questa severità nella confessione era misura del prezzo che lui stesso pagava, in sofferenze, per le anime che desiderava liberare dalle loro colpe.

“Oh, le anime, le anime ……- diceva – , se sapessero il prezzo che costano.

“Dopo confessioni particolarmente difficili, più di una volta lo si vedeva piangere. Una volta gli domandarono:

“Perché piange, padre Pio?

“Un santo disse che se vedessimo l’ orrore del peccato, moriremmo dall’ orrore. Ma noi, miserabili, abituati al peccato, non sentiamo molto e non ci disturba molto….

“Padre Pio piange sul peccatore che preferisce il suo peccato alla sua anima preziosa. Piange sul sangue di Dio, che scorre invano per tanti disgraziati. Piange sulla creazione profanata e sui fallimenti della grazia. Piange, infine, perché Cristo ha pianto”.

“Alcune confessioni erano per lui un vero combattimento. Si trattava di andare a prendere il peccatore, che a volte era molto lontano (dal pentimento), per portarlo a Dio. Lui diceva che molte volte la confessione è un incontro con lo stesso Dio. Dio, che è al tempo stesso nostro Signore, nostro Giudice e nostro Salvatore. Nel confessionale, il sacerdote occupa il posto di Dio…. Uno gli diceva:

“Padre, ho peccato moltissimo, non ho più speranza di salvarmi…..

“Figlio mio, Dio perseguita senza fatica le anime più ostinate. Tu Gli sei costato molto perché Lui ti possa abbandonare.

 

E un altro:

“Padre, io non credo in Dio.

“Ma Dio, figlio mio, crede in te”.

(Yves Chirac, Padre Pio, Perrin, Paris 1989, 203-205).


San Francesco d’ Assisi

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

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Santi con speciale devozione eucaristica

San Francesco d’ Assisi

 

 

Francesco d’ Assisi ( 1181 – 1226 ) è uno fra i santi più conosciuti e stimati dai cristiani. Nel 1209 riunisce un ordine nuovo ” I fratelli minori”. Riceve le stimmate della Passione (1224), e mostra – come le Clarisse – un amore speciale per l’ Eucaristia, negata allora e oltraggiata da diversi eretici.

Sulla devozione di San Francesco a Cristo nell’ Eucaristia così racconta un suo compagno Tommaso da Celano:

“Ardeva di un fervore, che lo penetrava fino al midollo, per il sacramento del corpo del Signore, ammirando la sua preziosa condiscendenza e la sua carità condiscendente. Giudicava con notevole disprezzo il non ascoltare ogni giorno, almeno, una messa, potendola ascoltare. Faceva la comunione frequentemente e con una tale devozione, come per infonderla il più possibile a più persone. Poichè aveva in gran rispetto ciò che è degno di massima riverenza, offriva il sacrificio di tutti i membri, e nel momento di ricevere l’ Agnello sacrificato sacrificava anche l’ anima nel fuoco che gli ardeva continuamente nell’ altare del cuore.

A volte volle inviare nel mondo fratelli che portassero particole preziose, perchè quando avessero visto che colui che è il prezzo della redenzione fosse stato riposto con indecenza, lo potessero invece conservare in luoghi migliori.

Desiderava che si tenessero in grande considerazione le mani del sacerdote, alle quali è stato concesso un potere tanto divino. Frequentemente diceva: ” Se mi dovesse succedere di incontrare nello stesso momento un santo che viene dal cielo e un povero sacerdote, mi avvicinerei a dar rispetto al sacerdote e correrei a baciargli le mani, dicendo : ” O, San Lorenzo, aspetta perchè le tue mani toccano il Verbo di vita e posseggono qualcosa che và oltre l’ umano”. (Vita II, Tommaso da Celano 152).

Il Signore mi diede, e continua a darmi, una fede tanto grande nei sacerdoti che vivono nel rispetto della regola della santa Chiesa romana, per la loro ordinazione, che…. se avessi tanta saggezza come Salomone e mi incontrassi con qualche povero sacerdote di questo secolo, nelle parrocchie in cui vivono, non vorrei predicare al margine della loro volontà. E questi sacerdoti e a tutti gli altri li voglio temere, amare e onorare come miei signori….. E lo faccio perchè in questo secolo niente vedo corporalmente come l’ altissimo Figlio di Dio se non il suo santissimo corpo e il suo santissimo sangue, che loro ricevono e loro solo somministrano ad altri. E desidero che questi santissimi misteri siano onorati e venerati sopra ogni cosa e collocati in luoghi preziosi. (Dal Testamento di San Francesco d’ Assisi)


Santa Faustina

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

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Santi con speciale devozione eucaristica

Santa Faustina

 

 

“L’ umanità non troverà la pace fino a quando non ritornerà con fiducia alla mia Misericordia” (Diario #300). “Il  tabernacolo è il trono della Misericordia” (Diario #1484). Ma ancora, non avranno vera pace nei cuori,  le famiglie e il mondo se non ritorneranno al Tabernacolo.

“Un giorno entrai nella mia cella e vidi Gesù esposto nell’ ostensorio. Mi sembrò che stesse sospeso in aria. Ai piedi di Gesù vidi il mio confessore e dietro di lui un gran numero di nobili della Chiesa…..ancora più lontano, vidi grandi moltitudini che non riconoscevo al momento. Vedevo due raggi che uscivano dall’ Ostia, gli stessi che sono nell’ immagine. Erano molto uniti, ma non si mescolavano. Attraversavano le mani del mio confessore, poi quelle dei chierici e della folla, e dopo ritornavano nell’ Ostia”. (Diario #343)

 

Attraverso l’ adorazione il cristiano contribuisce misteriosamente alla trasformazione radicale del mondo e al fiorire del Vangelo. Ogni persona che prega il Salvatore porta a Lui tutto il mondo e lo eleva a Dio. Coloro che stanno davanti al Signore compiono, così, un servizio eminente; quando presentano loro stessi a Cristo portano a Lui tutti coloro che non lo conoscono o che gli stanno lontano; vegliano alla presenza del Signore in suo nome…...” (Giovanni Paolo II al vescovo di Lieja).

 

Tutti i mali del mondo possono esser vinti attraverso il grande potere dell’ adorazione eucaristica“.(Giovanni Paolo II)


San Pietro Crisologo

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

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Santi con speciale devozione eucaristica

San Pietro Crisologo

 

 

San Pietro Crisologo (+ 450)

Vescovo di Ravenna, notevole predicatore.

 

L’ adorazione di Cristo iniziò a Betlemme

 

“La Vergine Maria e San Giuseppe sono i primi adoratori di Gesù, appena nato. E in seguito, chiamati dagli angeli, i pastori. E anche i magi, guidati da una stella…”

“Dunque volle nascere per noi non volle essere ignorato da noi; e per questo si manifestò in una forma tale che il gran mistero della sua bontà non fu occasione di grande errore.

“Oggi il mago incontra piangendo Colui che nella culla, risplendente, andava cercando nelle stelle.

Oggi il mago contempla chiaramente in fasce colui che, nascosto, cercava pazientemente nelle astri.

“Oggi il mago discerne con profondo stupore ciò che contempla: il cielo in terra, la terra in cielo, l’ uomo in Dio, e Dio nell’ uomo; e colui che non può essere rinchiuso in tutto l’ universo e neanche in un corpo da bambino. E, arrivando, crede e non dubita; e lo proclama coi sui doni mistici: l’ incenso per Dio, l’ oro per il Re, e la mirra per colui che morirà.

“Oggi il gentile, che era l’ ultimo, è passato ad essere il primo, quindi allora la fede dei magi consacrò l’ opinione delle nazioni”.

 


Imelda Lambertini

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

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Santi con speciale devozione eucaristica

Beata Imelda Lambertini

Beata Imelda Lambertini, vergine (1322-1333).

 

 

Questa bambina angelica nacque a Bologna nel 1322. Era la figlia dei Conti Lambertini, nobili illustri e di virtù. La contessa, disperata perché non aveva figli, pregò con fervore perchè le venisse concesso di avere una bambina, e, come si dice, ottenne tale grazia dal Cielo per mezzo del Santissimo Rosario, del quale era devotissima.

La piccola Imelda presto attirò l’attenzione per le sue attitudini celestiali. Quando piangeva, si sentiva confortata dal sentire i nomi di Gesù e Maria; quando cominciò a parlare, furono questi i nomi dolcissimi che pronunciò maggiormente. A volte, la incontravano con le mani alzate al cielo, in preghiera, e con gli occhi annegati in lacrime di tenerezza.

 

Rimaneva molto tempo sulle ginocchia di sua madre, per imparare le prime preghiere. Era molto devota alla Madre di Dio, e, soprattutto, alla Santa Eucaristia. Trascorreva molte ore davanti al Tabernacolo, come estasiata, e molto spesso si allontanava dalle feste di famiglia, e se ne andava nella cappella del palazzo, preferendo a quel trambusto tutto il fascino di quel piccolo altare, che lei stessa curava e adornava con fiori. Più di quattro volte si erano chiesti i suoi parenti: “Che ne sarà, col tempo, di questa ragazza? “.

Aveva appena compiuto nove anni quando la voce di Dio si fece sentire chiaramente nella sua anima, e l’ aveva invitata al raccoglimento della clausura. Sicuramente era ancora troppo giovane per essere religiosa, ma la sua giovane età venne compensata dalle sue buone qualità e dal suo senno di persona matura. A quel tempo, molti bambini erano entrati in alcuni monasteri.

 

Fu così che Imelda potè soddisfare il suo desiderio di unirsi a Gesù Cristo. Senza tener in considerazione nè degli avvertimenti dei parenti, nè di nessuna considerazione umana, entrò decisa e con il cuore pieno di gioia, nel monastero domenicano di Val di Pietra.

Non aveva ancora fatto la Prima Comunione, perché i bambini a quel tempo non erano tanto fortunati come ora, quando, per volontà della Santa Chiesa, possono comunicarsi così presto. Per questo motivo attendeva sempre con ansia il giorno più felice della sua vita, ed era così grande il concetto che aveva dell’ Eucaristia, che non riusciva a capire come non si potesse morire d’ amore nel ricevere il Pane degli Angeli. Più volte aveva supplicato il sacerdote di poter ricevere la comunione, ma non ottenne questa grazia; la sua età glielo impediva; era troppo piccola.

 

Ma ecco, il 12 maggio 1333, quando tutte le suore avevano ricevuto la comunione e quando era già stata chiusa la porta del tabernacolo ed erano già state spente le candele sull’altare, mentre le suore si stavano dirigendo alla loro occupazioni, Imelda rimase prostrata a terra, nel coro, con grande dolore. Improvvisamente, il coro si illuminò di una luce miracolosa e si riempì con un aroma dolcissimo che, diffondendosi in tutto il convento, attrasse di nuovo in chiesa tutte le suore. Un’ Ostia si muoveva da sola, nell’ aria, e sembrava che volesse arrivare alla monaca-bambina, che si consumava di amore, tremante e con le mani giunte, sotto l’influenza del Sole delle anime. Nel vedere un tale miracolo, il sacerdote chiaramente comprese la volontà di Dio, si rivestì di nuovo, e prendendo l’ Ostia che fluttuava nello spazio, somministrò a Imelda la Santa Comunione.

 

Così Imelda chiuse gli occhi a tutte le cose esterne, congiunse le mani , inclinò la testa … e sembrò che dormisse. Ma ben presto il suo colore rosato si trasformò in un colore leggermente biancastro, e passarono diverse ore senza che l’ incanto svanisse. Così le monache intuirono quello che stava succedendo; si avvicinarono a lei, la chiamarono, ma non rispose; era morta, morta di amore per Gesù, così come si era immaginata……..

Una grande folla arrivò a Val di Pietra per vedere il corpo della giovane novizia. E nessuno esitò a venerarla immediatamente come beata.

Ogni anno, nel convento il 12 maggio si celebra con la massima solennità. I Papi videro sempre di buon occhio questo culto, fino a quando, finalmente, un decreto di Leone XII, nel 1826, la dichiarò Beata, autorizzando il suo uffizio liturgico e la Messa propria.

Beata Imelda è la patrona delle bambine della Prima Comunione.

(Llorens P. Zaccaria, OFM Cap.., In “Flores eucaristica”).


Suor Maria Maddalena dell’ Incarnazione

Pubblicato il 18 Dicembre 2015

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Suor Maria Maddalena dell’ Incarnazione

 

 

 

 

 

Maria Maddalena dell’Incarnazione, beatificata nel 2008, fondatrice dell’ordine delle monache Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento (12 monasteri in Italia e più di 80 nel mondo, specialmente in America Latina e gli Stati Uniti) vede il Cielo squarciarsi e l’Eucaristia risplendere, con figure vestite di bianco e di rosso.

 

Il Signore le dice:

 

SULLA TERRA VOGLIO UNA CORTE CELESTE COSÌ, CHE MI ADORI GIORNO E NOTTE“.

 

Questo succede nell’anno 1789, lo stesso anno della Rivoluzione Francese.

 

 

 

Dall’ introduzione a ” Incontenibile fuoco d’ amore ” di Nicola Gori :

 

” ……Quante cose possiamo cogliere nell’ intimità del suo linguaggio (di Sour Maria Maddalena ), la sua confidenza con Gesù, il suo parlare franco, la sua amorosa schiettezza, la forte passione delle sue grida entusiaste, le invocazioni, il profondo di questo suo amore. E il nostro mondo, dove la vita sembra valere sempre meno – violenze e guerre – la parola d’ amore – essendo certi e sicuri i due amanti – è per noi una prova, uno splendido tirocinio di come ci si avvicini a Dio, come gli si parla, che cosa si prova standogli vicini.

 

…..C’ è inoltre, per la nostra domanda iniziale una risposta ancora più decisiva e intransigente, quasi la risposta unica e più vera, cioè che la santità a qualunque prezzo, ufficialmente riconosciuta o no, non ha mode a cui badare, perché la salvezza è sempre il primo problema, lo si sappia o no, ci si creda o meno; e chiunque ci possa dare un ammaestramento, un avviso, una semplice traccia anche piccola è sempre il benvenuto. E proprio gli esempi di persone vissute accanto a noi, persone come noi, con le nostre debolezze e paure, con le nostre cadute e le nostre fiducie, anche se non le abbiamo conosciute, ci impressionano sempre. Specialmente quando veniamo a conoscenza di qualche aspetto della loro vita interiore che non appare direttamente agli occhi di nessuno.

 

Siamo, poi, ben convinti che ci sia molto bisogno di esempi, ma di esempi veri, vissuti, come diceva Paolo VI, di testimoni non di maestri. Vogliamo sentire che le persone spirituali, magari, i santi, sono come noi, hanno le loro pene, i loro tormenti, i loro dubbi, la paura di sbagliarsi, d’ ingannarsi, di fare dei passi indietro. L’ amore stesso non è immune da pene; poi, c’ è anche il “nemico” dell’ amore sempre pronto a darcene falsa immagine, a provocarci con i suoi travestimenti di falso angelo della luce…

 

Dalle persone spirituali, invece, vogliamo sapere come si fa, come fanno loro a vivere con Gesù il loro eterno già nel tempo. E sarà l’ amore l’ unica vera soluzione al problema !

 

Sappiamo che la santità non è negata a nessuno, ma ci spaventa, ci trattiene, ci fa sbagliare cammino la falsa umiltà di non esserne capaci anche noi.

 

E così non si prova mai.

 

E ci sono lì proprio tante anime che in segreto hanno esperienze mistiche come  M. Maddalena, basta ascoltarla per commuoverci. E per insegnarci! Per prenderci per mano, con tanta pazienza, anch’ essi con tanto amore.

 

Dio c’ è per tutti, anche per quelli che non lo vogliono ammettere, anche per chi non lo vuole conoscere, anche per chi non vuol parlare con lui. E anche per chi non sa parlare. Ma Dio, che opera, comunque, nella storia dall’ eterno – ed è solo tragica miopia non vederlo, non sentirlo – non ha bisogno di parole “Non chi dice Signore, Signore…”, conosce tutti i linguaggi, legge in tutti i cuori, dà senso ai nostri balbettamenti. Nella vita spirituale siamo in tanti ad essere balbuzienti o anche muti, perché non vogliamo seguire chi parla per noi, chi conosce già tutto, gesti e linguaggio parlato, perché hanno cercato Dio e Dio ha risposto sempre ! Si conosca, finalmente, la sua misericordia e la sua bontà.

 

Non cercare Dio, credendo di farne a meno, finisce per essere solo un volersi ostinatamente ridurre entro i limitati confini della nostra presunzione, voler a tutti i costi valutare tutto sulla base della nostra piccolezza.

 

I nostri sentimenti umani, anche i più intimi e sottili sono sempre sottoposti a delusione, a frustrazione, a rigetto. E rinunciando al vero amore si termina rimanendo all’ esterno delle cose che non durano. “In interiore homine stat veritas”.

 

Anche la morte è lì a ricordarci che viviamo solo nel tempo, per prepararci all’ eterno, alla salvezza nell’ unico Verbo, nella Parola che salva.

 

E la santità, che è amore totale in Dio, non basta mai, non deve bastare mai, come l’ amore……Basta stare un po’ attenti a cogliere i segni che Dio semina nella nostra strada, fiore per fiore. Specialmente, quando, poi, troviamo lungo la strada e sentiamo o conosciamo persone di altissima spiritualità come Madre M. Maddalena. Che affonda fin nell’intimo di se stessa, ci si offre, ci si rivela, ci accompagna, ci consola, ci aiuta…..

 

Basterebbe guardarsi attorno, ascoltare di più le voci del cuore, aprire la mente a Dio, pregare, pregare e ancora pregare, vegliando per non cadere in tentazione. Ma non lasciamo solo Gesù nell’ orto degli Ulivi….Ora è là nel santo tabernacolo! E continua ad amarci, senza tregua, se solo ci fermassimo un istante nella nostra corsa che finisce nel tempo!……

 

L’ amore di Dio conosce le opere buone e sa ben distinguere tra chi lo ama davvero a chi vi allude soltanto.

 

Questi biglietti ( in fondo alla pagina ) con i pensieri che la Madre metteva per iscritto nei momenti di soliloquio con il suo Amato furono conservati per diversi anni nell’ archivio del monastero di Torino, quindi, dopo l’esame da parte della Congregazione per le Cause dei Santi, trasferiti all’ archivio storico del monastero di Roma delle Adoratrici del SS.mo Sacramento.

 

Non possono essere ignorati dal grosso pubblico: la santità è per tutti, non solo per gli addetti al lavoro, per chi pronuncia i voti, per chi manifesta obbedienza a una certa Regola. Qui, vale solo la volontà e la sapienza di amare, con la fede e la speranza e la carità. E basta ! Al seguito di Gesù con  Madre Maddalena, pregando e amando. Avere lo stesso senso appassionato dell’ amor di Cristo è l’ unico vero sentimento che ci è richiesto. L’ amore non ammette alternative né compagni. Dio, particolarmente, è geloso ! E le parole sono quelle perché non ce n’ è altre, perché quelle sole bastano, perché le parole umane sono insufficienti, perché non importano le parole ma come si dicono e a chi si dicono. Soprattutto, se si realizzano nelle opere.

 

Lo si vedrà proprio nel vocabolario povero di M. Maddalena che sembra ripetere all’ infinito soltanto le stesse parole. E sta proprio qui la loro freschezza e la loro bellezza: dire tutte le sfumature d’ un sentimento unico e infinito per la stessa persona con tutte le diverse intensità e toni richiede un costanza straordinaria ed un’ essenzialità profonda: qui la costanza è proprio l’ unico amore che non finisce mai, anzi si alimenta della propria insistenza per approssimarsi piano piano e poco per volta a sfiorare con così poche parole un amore unico e interminabile, che si pasce di se stesso offrendosi a tutti. L’ amore ci insegna anche ad amare, se vogliamo !….. o amiamo o non amiamo, solo nostra è l’ indifferenza. Oltretutto, le semplici ma inebrianti parole della Madre non debbono solo funzionare come suggerimento, possono, debbono esplodere dentro di noi, facendoci traboccare dello stesso amore, nell’ ardore che, nato da una semplice parola, ci rivela il volto e l’ amore di Dio. Ecco il significato delle “aspirazioni” della Madre e che devono diventare nostre: aspirare profondamente ad amare, perché è la confidenza con Cristo !

 

Queste aspirazioni di M. Maddalena si presentano e sono come spontanee rapide invocazioni, suppliche, tutte insieme compongono anche un vero e proprio testamento come unico ed esclusivo richiamo d’ amore; e sono anche attestati di emozioni, testimonianze, desideri, sospiri dell’ anima, gemiti spirituali, tutti rivolti a Gesù e aspiranti ad elevarsi a Lui, attraverso lo spirito. Diciamo che sono il grido della brama.

 

Esse non hanno un ordine cronologico né lo esigono, sono dichiarazioni generose, esplosive d’ amore come grida appassionate che ella lancia verso il suo amato Sposo Gesù, di cui non può fare a meno, mai, mai……

 

……Questa totalità, senza la quale nulla vale nulla, di quello che leggiamo e che troviamo scritto. E per la Madre vale proprio questo tutto. Che è solo Cristo ! Ogni parola si intende se sappiamo riconoscervi la voce di Cristo, che palpita nel cuore di M. Maddalena. Bisogna, in altre parole, con tanta umiltà andare a lezione d’ amore, ascoltando, leggendo e confrontandoci nella meditazione e nella contemplazione amorosa. Fare di ogni parola un tempio sacro d’ amore, per camminare e sostare pregando, invocando, amando, amando, amando senza fine!

 

Ecco perché le sue parole vanno lette, meditate, per confrontarsi, misurare se stessi, in tutta la loro serietà, in tutto il loro rigore innamorato, in tutta la loro intensità, sapendo che esprimono una verità vissuta direttamente. E sapendo anche che le parole restano, appunto, soltanto parole se non ne conosciamo, per così dire, la polpa dello spessore umano e divino dell’ implicito dialogo.

 

 

Amato mio Bene, questo mio cuore brama viver languendo, e poi morire amando.

 

Gesù diletto vieni dalla tua Sposa che nulla altro brama che i suoi occhi ti vedan presto.

 

O Gesù, Gesù mio, il tuo bel nome mi riscalda e mi accende questo povero e freddo mio cuore.

 

Dolce mio Bene, in questa val di lacrime tutto mi annoia, e pesa

null’ altro oggetto brama, sol sospiro, e bramo di unirmi presto a te.

 

Il mondo ingrato ti va offendendo. Ascolta mio sommo Bene questa anima che per te muore languendo.

 

O amor mio, voi che potete tutto, riscaldate, dilatate, infiammate tutti i cuori verso di Voi, unico nostro Bene.

 

Mio Sommo Bene, voglio amarVi coraggiosamente, confidentemente, teneramente, efficacemente.

 

Mio amabile Gesù, non voglio respirar che amore; non voglio vivere che d’ amore; voglio consumarmi e morire per dolce violenza di puro amore.

 

O mio Gesù, è voi qui che con tutta libertà vi chiamo mille volte il mio Tesoro, la mia Felicità, il mio Confidente, il mio Amico, il mio Vicino, il mio Conforto, il mio Padre, il mio Sommo Bene, il mio dolce Sposo, il mio Tutto.

 

O solitario amor mio, Voi siete l’ unico ristoro di questo mio cuore, Voi mi cangiate in Paradiso la solitudine, in chiara luce la notte, in un nettare di dolcezza il silenzio.

 

O mio Bene quando ti vedrò, o luce degli occhi miei, o mio amore e mia gioia ?

 

Quando verrà quel giorno felice, in cui l’anima mia si unirà a te, bellezza Eterna ?

 

O mio Gesù, quando verrà il momento in cui il mio amore sarà perfezionato, a te unito, centro del mio riposo?

 

O mio Gesù, gaudio dell’ anima mia, che cerco conforto fori di Voi ? E chi mai può veramente consolarmi se non Voi solo ?! Tutto posso con voi, o mio Dio, mia forza, mia difesa e mia salute.

 

O Gesù mio, se il fuoco dell’ amore vostro potesse al fine una volta consumare in me la corruzione dell’ uomo terreno !

 

O Gesù, vita e speranza dell’ anima mia, venite a me: io vi accoglierò, vi abbraccerò, voglio morire per Voi e in vita e in morte voglio essere vostra.