ultime notizie

nicolas_buttet

EUCARISTIA E GUARIGIONE conferenza di Padre Nicolas Buttet al Congresso Internazionale “Adoratio 2011”

Roma, 20 giugno 2011

 

EUCARISTIA E GUARIGIONE

 

Conferenza di Padre Nicolas Buttet al Congresso Internazionale sull’ Adorazione Eucaristica “Adoratio 2011” (20 giugno 2011). E’ stato mantenuto lo stile colloquiale dell’ intervento.

 

Padre Nicolas Buttet, giurista di formazione ed ex deputato in Svizzera, è sacerdote. Nel 1992, si ritirò come eremita per 5 anni. Al suo ritorno, nel 1997, fonda la Fraternità Eucharistein, centrata in Cristo Eucaristia. La comunità riceve giovani che desiderano fare esperienza di preghiera e di vita comunitaria e inoltre giovani con seri problemi di droga, alcool o depressione per il restauro della propria persona. La conferenza, con stile colloquiale, è arricchita da esperienze di vita e considera importanti temi teologici e antropologici in maniera diretta e semplice.

 

Qui di seguito la conferenza integrale:

 

 

Buongiorno a tutti e ad ognuno di voi !

 

Mi hanno chiesto di parlare del tema dell’ Eucaristia e della guarigione.

Tema delicato e preferirei fare cinque osservazioni preliminari prima di entrare nel cuore dell’ argomento.

 

 

Il primo punto: esiste una certa confusione fra salute e salvezza.

 

In tante lingue, esiste una corrispondenza fra queste due parole. Ci rendiamo conto che in un mondo che ha perso il significato di Dio, la salute si trasforma in ossessione. Cio’ che una volta fu l’ ossessione del cuore umano: la salvezza, la redenzione, la vita eterna, fino al punto di rischiare tutto per ottenere questo tesoro oggi è stato sostituito dalla salute. Si riscontra una ricerca quasi religiosa con riti, rituali, magia incluso, intorno alla salute. Benedetto XVI disse ai giovani prigionieri nel carcere di Casal del Marmo, qui a Roma, il 18 marzo 2007: “…abbiamo ricordato che Dio ci ama: ecco la sorgente della vera gioia. Pur avendo tutto ciò che si desidera, si è talora infelici; si potrebbe invece essere privi di tutto, persino della libertà o della salute, ed essere in pace e nella gioia, se dentro il cuore c’è Dio. Il segreto, dunque, sta qui: occorre che Dio occupi sempre il primo posto nella nostra vita.”

 

Prima che Sant’ Agostino avesse detto: “A volte, il medico si sbaglia promettendo al malato salute fisica. Dio ti da una guarigione certa e gratuita: la salvezza”. Questo è il primo punto: la confusione tra salute e salvezza. Non ci sbagliamo, ricerchiamo la salvezza e il resto verrà in più.

 

Secondo punto: Cosa significa nella Bibbia essere sanato o essere malato? E anche essere vivo o morto ? Vediamo Gesù che parla ai morti: “Lazzaro, esci dalla tomba!”. Siamo abituati perché spesso lo ascoltiamo. Ma, parlare ad un morto, questo è troppo! Ci si renda conto che Gesù rimase in silenzio davanti alla gente che gli rivolgeva la parola perché qualcosa in loro era morto. La Bibbia contiene racconti di salvezza totalmente paradossali. Nei racconti, le storie del mondo, ci informano che gli eroi erano giovani, belli, forti e partivano per l’avventura. Nella Bibbia, quelli che Dio sceglieva, erano vecchi, sterili, di età molto avanzata, handicappati. Ad esempio, Abramo e sua moglie Sara. Comincia sempre da noi attraverso la nostra realtà. Cio’ che nella Bibbia è importante non è l’essere sano o malato ma l’ essere con Dio. Si è sani e santi quando si rimane in Dio e Lui viene a curare le nostre ferite. Il luogo della nostra ferita, della nostra vulnerabilità, è il luogo dove Dio si incontra con noi.

 

Un mio amico morì di Aids, Philippe. Sei mesi prima di morire mi scrisse una lettera dicendo: “Desidero morire vivo”. Questa lettera mi commosse: morire vivo della vera vita che mi attende. Perché generalmente si muore morti! Desiderava morire vivo perché aveva un’ altra vita più importante che compenetrava la sua vulnerabilità.

 

Madre Teresa nel suo ospedale quando stava per avere il suo terzo attacco di cuore, avendo l’ assistenza respiratoria, ed essendo visitata da un medico indù, il medico disse al sacerdote: “Padre, vada subito a prendere la piccola scatola”. Il sacerdote rispose: “La scatola dei medicinali? La scatola di cosa ?”.

 

“No, la scatolina. Lei sa, quando sta con lei, Madre Teresa rimane tranquilla”. Allora il sacerdote capì che parlava del tabernacolo. Il medico indù aggiunse: “Quando questa piccola scatola rimane nella sua abitazione, lei non fa altro che guardarla e guardarla ancora”.

 

Vedete, malato o sano, nulla a che vedere con cio’ che si immagina!

 

Terzo punto: Cristo ci dice:”Venite a me voi tutti stanchi e affaticati, io vi ristorerò”. Bene, io credo che l’adorazione eucaristica è come il luogo dell’ incarnazione delle parole di Cristo:”Venite a me”.

 

“Per voi che temete il suo nome – dice il profeta Malachia – il sole di giustizia brillerà portando nei suoi raggi la vostra guarigione”.

 

Queste sono alcune delle ultime parole della prima Alleanza, dell’ Antico Testamento. Il profeta Malachia conclude la storia della preparazione della venuta del Messia con questo annuncio profetico e profondamente commovente: “Il Sole di giustizia brillerà portando nei suoi raggi la vostra guarigione”. Questo sole di giustizia è la santa Ostia esposta sui nostri altari. E con questo mi piacerebbe mettere in rilievo un altro punto. Spesso c’ è la tendenza a mettere in opposizione l’ adorazione alla preghiera contemplativa. Per coloro che hanno capito il significato della preghiera contemplativa, “in questo dialogo d’ amore con Dio nel quale ci riconosciamo amati e in nome del quale desideriamo donare amore, ” non esiste nessuna opposizione tra l’una e l’altra. Esiste solo una maniera leggermente diversa di entrare in intimità con Dio, ma, in entrambi i casi, si tratta della stessa attitudine dell’ uomo, dell’ essere umano che si proietta e si butta tra le braccia di un padre per vivere l’ amore che ci unisce a Lui per la grazia di Cristo e dello Spirito Santo.

 

Nel mio quarto punto, desidererei ricordare la differenza tra sanare e curare. La cura è un’ arte, dice San Tommaso d’Aquino, ed è l’arte medicinale che consiste in una serie di azioni rivolte ad una persona malata. Un medico può curare, mai sanare. La forza della guarigione è un principio interiore, continua San Tommaso D’ Aquino. Dobbiamo fare questa distinzione. A volte cerchiamo di essere curati nella nostra vita spirituale, vedendo Gesù come medico sostituto e non il medico che sana il cuore dell’ uomo profondamente ferito. Lui è il principio interiore della mia vita e della mia vita in abbondanza che mi fu promessa e che è la vera Vita. Nel libro dell’ Ecclesiastico (Sir 38, 11) così leggiamo: “Figlio mio, quando sei malato, non avvilirti (è del tutto normale, tutti lo fanno, ma viene detto per ricordarlo), prega il Signore ed Egli ti guarirà. Purificati, lavati le mani; monda il cuore da ogni peccato. Offri incenso e un memoriale di fior di farina (l’ Eucaristia) poi fa passare il medico – il Signore ha creato anche lui – non stia lontano da te, poiché ne hai bisogno.” Questo dimostra chiaramente la differenza tra la guarigione che viene da Dio e la cura che viene dal medico. Se non siamo chiari in questo, faremo una grande confusione quando pregheremo il Signore, quando andremo ad incontrarci con Dio nell’ adorazione.

 

Il quinto punto è ciò che segue dalla mia esposizione.

 

Vorrei parlare principalmente dell’ Eucaristia, non del mistero dell’ Eucaristia come il mistero del sacrificio che abbiamo visto ieri nella liturgia e di quello che significa, ma di questo dogma particolare di quella presenza reale che viene messa in luce attraverso l’ adorazione eucaristica. Nell’ adorazione eucaristica, noi diamo testimonianza, professiamo che Cristo è realmente, corporalmente, sostanzialmente presente nel Santissimo Sacramento. Si tratta della presenza reale di Colui col quale ci stiamo incontrando.

 

Non ci sarebbe nessun motivo per andare ad adorare Cristo se non fosse presente nel Santissimo Sacramento. Se non fosse così saremmo matti, malati, dovremmo essere curati da un medico. Ma se Cristo è lì, siamo nel giusto !

 

La Beata Dina Belanger, questa santa canadese straordinaria, disse: “Se la gente si rendesse conto della presenza di Cristo occorrerebbero guardie davanti alle chiese, perché verrebbero prese d’ assalto per andare a vedere il Re dei re (…)”.

 

Ora andrò a sviluppare questo tema dell’ Eucaristia e la guarigione partendo da quattro prospettive: l’aspetto teologico, un aspetto antropologico, un aspetto storico e un aspetto escatologico.

 

 

I. L’aspetto teologico prima di tutto.

 

L’adorazione inverte completamente l’ ordine del mondo, o meglio, mette in ordine il mondo.

 

San Tommaso d’ Aquino definisce il peccato come “avversione (allontanamento) da Dio e conversione (avvicinamento) della creatura. “L’adorazione introduce nell’ anima il movimento totalmente contrario: allontanarsi dalla creatura per ritornare al Creatore. L’adorazione è essa stessa nel cuore della redenzione del mondo. Sicuramente attraverso il sacrificio eucaristico, ma vorrei insistere sulla specificità dell’ adorazione eucaristica che nella Chiesa non è stata ancora pienamente sviluppata.

 

Anche se dal secolo XII la Chiesa adora, è necessario un maggior approfondimento. (Adorare implica) un’ inversione totale del movimento, un’ estasi dell’ uomo, non un’ estasi nel significato mistico del termine ma un uscire da se stesso. I filosofi distinguono due tipi di mistica: la mistica dell’ entasis, nella quale ci chiudiamo in noi stessi, questo si vede soprattutto nel buddismo, e quella dell’ estasi, nella quale ritorniamo a Dio (NT: si esce da sé per andare verso Dio). Si può vivere l’ adorazione secondo lo stile buddista, quando si è un cattolico praticante davanti al Santissimo Sacramento e chiuso in se stesso. E’ necessario uscire da sé, rimanere nell’ estasi, ossia nell’ esodo da se stessi, per entrare nella terra promessa. Uscire dalla terra della schiavitù per arrivare alla terra promessa. Questo cammino passa per il deserto, attraverso l’ascesi, attraverso il rumoreggiamento (non per molto tempo perché si perde molto tempo quando si mormora). A volte passa attraverso un approfondimento di tale mistero….

 

Il secondo punto: l’adorazione eucaristica è la risposta provvidenziale al primo dovere morale dell’ uomo, che è unito alla virtù della giustizia e soprattutto alla virtù della religione.

 

Il primo dovere morale, filosofico, dell’ essere umano riguardo la virtù della religione è adorare Dio, riconoscere Dio come il Creatore di tutte le cose. Credo che in questo ci sia una verità da portare alla luce. Si è detto, cio’ che è assolutamente certo teologicamente, che l’ adorazione eucaristica è la celebrazione del mistero come un prolungamento dell’ azione di grazie della comunione e come una preparazione per la prossima comunione. Benedetto XVI, nel 2005, ricordò questo ordine di perfezione, se mi è permesso dirlo, del primato dell’ adorazione sopra ogni cosa. Prima dello stesso sacrificio eucaristico, c’ è l’adorazione di Dio. E questa adorazione si imbatte, grazie al dono dell’ Eucaristia, in una forma di espressione sublime, straordinaria e unica. Guardate, in un mondo che ha dimenticato Dio, proclamare il dovere morale dell’ uomo di adorare Dio attraverso un gesto non tanto interiore se non esteriore, manifesto, che consiste nel prosternarsi davanti all’ Ostia, si trasforma in una sorta di rivoluzione profetica.

E’ necessario veramente approfondire il mistero dell’ adorazione come un’ espressione del primo dovere del cuore dell’ uomo verso il Dio Creatore. Noi possiamo viverlo in maniera teologale, ma prima di tutto dal punto di vista morale. E’ importante dare a Dio questo culto di adorazione. E questo culto di adorazione, prima di ogni altra cosa, prima dell’ origine delle origini, compreso prima di quando la Parola si fece carne, incontrerà la sua espressione nell’ adorazione eucaristica. Durante il Natale del 2005 Benedetto XVI disse: “Proprio in un mondo in cui progressivamente vengono meno i criteri di orientamento ed esiste la minaccia che ognuno faccia di se stesso il proprio criterio, è fondamentale sottolineare l’adorazione.

 

Citando Sant’ Agostino: “Nessuno mangi di questa carne senza averla prima adorata. Peccheremmo se non la adorassimo”. Questa forma di adorazione mi sembra essenziale per essere aggiunta alla teologia dell’adorazione eucaristica.

 

Terzo aspetto teologico dell’ adorazione eucaristica: la tragedia del peccato originale. La catastrofe del peccato originale ci ha fatto perdere la dignità di figli di Dio: la grazia santificante. Cio’ che ci spinge a dare a Cristo questa dignità di figlio di Dio, questa capacità di essere come Gesù, di essere cristificato e di poter dire a Dio con il potere dello Spirito Santo: “Abbà, Padre”.

 

C’ è nell’ adorazione eucaristica questo mistero che deve essere vissuto. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, entrambi, hanno sottolineato che la Pentecoste non è stato solamente un evento storico, ma un avvenimento permanente e che questa Pentecoste si realizza nell’ Eucaristia. Ci sono due Pentecoste nelle Sacre Scritture: la Pentecoste di Giovanni, giovannea, quella del Cuore aperto di Cristo, l’ ultimo respiro di Gesù, che si convertì nel primo respiro del credente. Questo di Gesù che soffia sopra gli apostoli durante la notte della sua resurrezione. Il dono dello Spirito Santo in san Giovanni è un dono che ci rende figli di Dio. Dio stava così ansioso nel restituire all’ umanità, e attraverso di essa a tutto il cosmo (cf. carta ai romani) questo ritorno filiale, che lo esalò. Questo cuore aperto è il dono dello Spirito Santo. Dove palpita oggi questo cuore affinché possiamo vivere la Pentecoste giovannea. Bene, il cuore di Cristo palpita nel Santissimo Sacramento dell’ Altare.

 

Tutta la teologia del Cuore di Cristo si rivolge al Cuore Eucaristico di Cristo con Pio IX e a Pio XI, che in seguito riprese il tema. Allora, siamo realmente nell’ apoteosi del mistero del Cuore di Cristo rivelato a Santa Gertrude di Helfta nell’ Età Media, passando per Margherita Maria Alacoque nella rivelazionedi Paray-le-Monial, per arrivare al Cuore Eucaristico. Ma perché è tanto importante questo cuore? Perché lì è donato lo Spirito Santo per vivere come figli di Dio. E quando Benedetto XVI, allora Cardinal Ratzinger, commentò il terzo segreto di Fatima, disse: “Ma come si può immaginare il trionfo dell’ Immacolato Cuore di Maria? Non nei segni e prodigi straordinari, ma nel ritorno filiale a Dio. Per questo, la prima qualità del Cuore di Maria fu “Fiat”, sì alla volontà del Padre. Nell’ adorazione eucaristica, viviamo un kairos. La tragedia del mondo di oggi è l’ allontanamento dal Cuore di Dio. Lo spirito filiale è la preghiera del “Padre Nostro”.

 

E’ il linguaggio della speranza. Viviamo in un mondo che ha perso la speranza e allora cadde in peccato grave, il contrario della speranza: la presunzione e la disperazione. L’ umanità oscilla dentro la presunzione: desiderare sapere per se stessa, raggiungere gli obiettivi attraverso la sua scienza, la sua tecnologia, in questa ideologia del progresso perpetuo, dove la salvezza sarebbe la fine di questo progresso. Se ha perso il radiante futuro, ci rimane la globalizzazione felice, crediamo così che attraverso ciò l’ uomo creerà un mondo di felicità e perfezione: tragico errore. Al contrario, si arriverà alla disperazione: una società depressa ferita dal senzasenso. In altro modo, una società “adolecentrica” che rifiuta il padre (è la presunzione), una società orfana che ignora di avere un padre (è la disperazione). Rimane al centro della speranza: Abbà!, Padre, nostro Padre che è nei cieli.

 

Nell’ adorazione eucaristica, con l’ effusione dello Spirito Santo che soffia dal Cuore Eucaristico di Cristo, siamo chiamati a entrare nel mistero della nostra dignità di figli di Dio. Nella fiducia del fanciullo, nel parlare del fanciullo, non nelle parole ma nell’ attitudine filiale verso il Padre. Dobbiamo ritornare a ciò che siamo grazie al battesimo e allora lottare profeticamente contro la presunzione e la disperazione che corrodono la nostra società di oggi.

 

Di seguito, il quarto punto che metto in questo aspetto teologico dell’ adorazione: l’ umanità, grazie all’ adorazione eucaristica, ha finalmente un luogo dove prosternarsi. L’ umanità può infine prosternarsi davanti a Dio presente nel Santissimo Sacramento. E cito ora un testo commovente, l’ omelia di Benedetto XVI nella festa del Corpus nel 2008, “inginocchiarsi in adorazione di fronte al Signore. Adorare il Dio di Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito (cfr Gv 3,16). Ci prostriamo dinanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà vero senso alla vita, all’immenso universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza.”

 

Lì è dove credo avvenga la rivoluzione contro le idolatrie. Il mondo che non adora Dio è necessariamente idolatra. L’ uomo non può smettere di adorare! L’ adorazione dei falsi dei: l’ ego, il denaro, il potere, il sesso, tutte queste idolatrie del nostro mondo moderno, non potranno essere cambiate se non con l’adorazione profetica del Dio vero.

 

Abbiamo accolto nella nostra comunità giovani drogati, dipendenti da alcool, malati di depressione e che hanno subito violenza. E la vera guarigione, autentica guarigione si attua in ginocchio davanti al Santissimo Sacramento. Ricordo un giovane che arrivò una notte per incontrarmi e mi disse: “Nicolas, non resisto più , è necessario che vada a farmi di eroina, non ne posso più.” Io gli dissi: “Ascolta non ti posso mettere le manette, né ti posso legare, posso solo fare una cosa: pregare con te davanti al Santissimo Sacramento”. Andiamo insieme alla cappella, per tutta la notte, dalle 11 alle 6 del mattino. Si afferrò all’ altare, appena sotto l’ ostensorio, e se avesse potuto piantare le unghie nell’ altare lo avrebbe fatto. Si afferrava così (fa il gesto) all’ altare guardando Gesù. Dopo ciò, non ebbe mai più la tentazione di prendere eroina. Veniva, rimaneva lì, davanti a Gesù presente.

 

Un ‘altra giovane drogata, che aveva tentato il suicidio 5 volte, 3 anni di droga, e fatto a bastonate contro la polizia. Un giorno arrivò e mi disse: “Non credo in questa storia, assolutamente”. Trascorse un’ ora davanti al Santissimo Sacramento, dopo che aveva trascorso ore gridando, urlando. “Se tu Gesù non dimostri chi sei, me ne vado, è la fine, mi suicidio, la mia vita non ha più nessun senso”. Un’ ora precisa. Nel momento che si alzò per andarsene, per decidere di farla finita, mi disse: “Non so cosa sia successo.” La vidi all’ uscita della cappella. Si teneva il cuore e disse: “Il mio cuore, Nicolas”. Le dissi: “Andiamo all’ ospedale, rapidamente”. “No, è l’ amore”, mi rispose. “Nel momento che dissi a Gesù, me ne vado, parto, non so cosa successe, ma il mio cuore fu attraversato dalla dolcezza di Dio. Allora sono stata certa che Lui era lì, che mi amava e che la mia vita aveva un senso.” Ora sta terminando i suoi studi in scienza politica, dopo aver toccato il fondo con la droga, in questo modo. Vieni ? Gesù è lì. Difronte all’ idolatria del mondo non esiste nulla d’ altro che adorare il Dio vero. In ginocchio davanti a Dio per mettere l’ uomo in piedi. La gloria di Dio è l’ uomo in piedi, l’ uomo vivo. Solo la prostrazione permette all’ uomo di rimettersi in piedi.

 

 

II. Alcuni punti degli aspetti antropologici dell’ Adorazione:

 

La prima malattia del cuore dell’ uomo, la malattia tragica e orribile del cuore dell’ uomo: “l’ origine di tutte le malattie, diceva sant’ Agostino, è l’ orgoglio”. Il contrario della superbia umana è la sottomissione a Dio. Lui rimane nudo nel presepe, rimane nudo sulla croce, rimane nudo nell’ Ostia, fino al punto che Giovanni Paolo II ha potuto dire in “Fide set Ratio”, l’ enciclica degli intellettuali: “Da questa prospettiva, sembrerebbe che il primo compito della teologia sia la comprensione della kenosis di Dio.” La kenosis, parola greca, significa vuotare: un Dio che si abbassa, che si vuota. Questo è presente nell’ inno ai Filippesi: “Il quale pur essendo di natura divina,non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo……umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Flp 2, 6-8)….Tutto il lavoro della teologia è di approfondire il mistero della knesosis di Dio. E Benedetto XVI espresse questa opinione commovente durante il Natale 2005: “Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini”.

 

Il suo modo di essere Dio è quello del bambino in un presepe tra il bue e l’ asino; un uomo crocifisso fra due ladroni; un pezzo inerme di pane sull’ altare.

 

Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini. La guarigione dalla superbia sta nel contemplare Cristo nell’ Eucaristia. Se il profeta Isaia ci dice che nella passione, Cristo non ha volto umano né lineamenti né apparenza di un figlio di Adamo, capiamo bene che queste parole non si riferiscono propriamente alla passione, ma che corrispondono decisamente all’ Eucaristia. Proprio lì non ha volto umano, non ha lineamenti di figlio di Adamo, ha l’ aspetto di un pezzo di pane! E Dio è proprio lì ! In quelle ore di adorazione che trascorriamo, stiamo forse lì per rivendicare qualcosa? Come può il nostro orgoglio resistere davanti a Cristo, presente nella povertà dell’ Eucaristia ? Tutto scoppia! Cos’ hai tu che non abbia ricevuto? Se lo hai ricevuto, perché ti dai vanto come se non lo avessi ricevuto ? Chi potrà umiliarsi fino al punto di farsi presente sotto l’ apparenza di un materiale inerme? Chi potrà abbassandosi andare così lontano ? Nostro Signore è arrivato fino a lì ! L’ orgoglio scoppia, crolla davanti a questo modo di essere Dio, che altro non è che presentarsi a noi nella radicale povertà dell’ Eucaristia.

 

Secondo aspetto della guarigione: l’egoismo, il ripiegarsi su se stessi.

 

Giovanni Paolo II disse in Polonia, in seguito alla caduta del Muro di Berlino: “Abbiamo bisogno di una scuola eucaristica di libertà”. Una scuola che ci parli il linguaggio del donare. La grande tragedia del nostro mondo è il ripiegarsi su di sé, questo possesso di se stessi. Questo è l’uomo che vuole custodire se stesso. L’ antidoto è il Dono.

 

Quando ci presentiamo davanti al Santissimo Sacramento, l’ Eucaristia, ci parla questo linguaggio del Dono. Lui si è donato, si è reso totalmente vulnerabile. Lo si può prendere. Lo si può cambiare di posto. Lui lascia fare. Non solo si dona, ma si offre come pasto alle bestie feroci. E per coloro che desiderano nutrirsi, si trasforma in alimento per la Vita eterna. Invece per coloro che vogliono profanare, si trasforma in atto di sacrilegio…..Si butta nelle mani di chiunque e lascia fare. Dall’ Eucaristia impariamo qual’ è la logica del dono.

 

Ho un amico che visse nove anni e mezzo nei gulags. Alessandro Ogorodnikov fu torturato, picchiato e violentato. Io gli dissi: Come hai potuto resistere a tanto orrore, a tante sofferenze? Sebbene sia molto discreto riguardo ciò che visse, mi spiegò privatamente che alcune torture alle quali fu sottoposto lo fecero soffrire. Ma, secondo lui, senza la grazia di Dio, è impossibile sopportarle. Mi disse: “Tu sai che quando uno ha donato tutto a Dio fino all’ ultima cellula del nostro corpo, e che quindi non esiste più nulla che possiamo trattenere per noi, compreso quando ci lacerano la carne, tutto è ormai compiuto, non c’è più nulla che si possa fare. Davanti a tutto questo ci si inginocchia. Occorre passare dalla schiavitù dell’ io alla libertà del dono di sé. Impariamo questa libertà con l’ Eucaristia, davanti al Santissimo Sacramento.

 

Terzo aspetto dell’ adorazione eucaristica: partendo sempre dall’ aspetto antropologico o psicologico.

 

La nostra società ha vissuto molte confusioni riguardo l’ autostima, le malattie derivanti dal rifiuto di vivere, perché gli sguardi riposti su di noi furono sguardi senza amore, di mancanza d’ amore, di accusa, di rifiuto. Molte persone non hanno mai avuto questo sguardo, che da le basi a ciò che lo psichiatra Eric Ericsson disse: Il fondamento della fiducia primaria, primordiale, è lo sguardo d’ amore riposto su di noi, nei primi anni della nostra vita, dal padre, dalla madre, dai nonni. E’ una tragedia non aver ricevuto questa fiducia primaria! Tuttavia, questo non è un vicolo cieco. Dio ha riposto il suo sguardo sopra di me nell’ Eucaristia.

 

Malika, una giovane che si drogava, era sparita. Per fortuna la si trovò in un piccolo oratorio di una grande casa religiosa dove c’ era poca gente. Le si chiese cosa facesse lì. “Trascorsi il giorno qui, davanti al Santissimo Sacramento”. Davanti al tabernacolo aperto e a Gesù esposto, disse, “Lui mi ha guardato per tutto il giorno!” Ci spiegò che avrebbe voluto fuggire, ma lo sguardo di Cristo l’ aveva trattenuta. Jean-Paul Sartre, quando rifiutò Dio visse questa esperienza. Fece una sciocchezza e disse: “Io ero fra quelli che avrebbero potuto divenire santi. Ma un giorno bruciai il tappeto in casa e immediatamente Dio mi stava guardando. Cercai di scappare al suo sguardo. Corsi in bagno per nascondermi sotto il lavandino, ma Lui sempre mi stava guardando! Allora feci un giuramento come mio nonno: il nome santo di Dio, il nome di Dio, il nome di Dio, non mi guarderai più!”

 

Esistono due ferite nella società attuale. La prima è quella di non essere stati guardati (o visti) e la seconda è quella di essere stati rifiutati nell’ essere guardati. L’ Eucaristia guarisce sia l’ una che l’ altra. La prima è esistenziale, la seconda è filosofica e dipende dalla libertà. E’ necessario lasciare che Dio ci guardi. L’ Eucaristia è il luogo nel quale Dio mi guarda e mi restituisce la mia dignità. Mi fa av-venire, fa che io accada. Non è uno sguardo che si fissa sopra di me. Giungerò a riscoprire la stima in me, perché mi guarderò come Dio mi guarda, non come il mondo guarda l’ avere, il potere, il fare, il sapere, fin’ anche nell’ essere. L’ Eucaristia mi sana, “Guardate a Lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce.” (salmo 33 (34)).

 

Sant’ Ambrogio da Milano così parla dell’ incontro tra Gesù e Maria Maddalena ” Chi stai cercando? – le chiede Cristo – “Maria, guardami, finché non mi guardi ti chiamerò ‘donna’ e quando tu mi guarderai ti chiamerò ‘Maria’.

 

Ho vissuto cinque anni in un eremo. Una giovane di 15 anni, che aveva tentato il suicidio cinque volte, arrivò da me. Ciò che non sapevo è che aveva una pistola nella borsa. Arrivò laggiù, in cima alle rocce scoscese a 150 metri di altezza per spararsi al limite del baratro per non sbagliare.

 

Mi disse: “Io non credo in Dio”. Io le dissi: “C’è solo una cosa che ti può salvare, quella di lasciarti guardare da Gesù”. – “Ma Lui crede in te”. – “Che significa essere guardato da Gesù?” – “Io trascorro le notti adorando nella cappella. Se lo desideri, vieni a trascorrere una notte di adorazione, dalle 22 alle 6 del mattino davanti a Gesù Ostia”. Se ne andò rapidamente, ma dopo ritornò e disse: “Va bene, ma voglio trascorrere nove notti …” Più tardi ho saputo che sua nonna faceva novene e anche lei desiderava farne una. Arrivò la prima notte alle 9 e rimase fino alle 6 del mattino e rimase pietrificata davanti a Gesù Ostia. Dopo mi scrisse: “Alla fine dell’ anno scolastico volevo gridare ai miei compagni l’ angoscia che avevo, quale disgusto della vita che mi spingeva a disinteressarmi di ogni cosa. Così decisi di trascorrere nove notti in adorazione. Il Signore mi dovrà ascoltare, questa volta vado davanti a Lui, vado per supplicarlo. Così feci nove notti intere di adorazione. Durante le nove notti, mi lasciai guardare da Gesù. Presentai le mie ferite al Santissimo Sacramento e Gesù le guarì. Per nove notti, lasciai uscire tutte le botte, le ammaccature della mia anima e la Vergine Maria mi sostenne fra le sue braccia perché mi calmassi. Da queste nove notti uscii trasformata”. Si cresimò sei mesi dopo. Fece il liceo e oggi ha terminato i suoi studi in medicina…..Nove notti per salvare un’ anima. Gesù la guardò, lei si sentiva brutta, incapace e , perdonatemi per l’ espressione, stronza. Disse: “Mi resi conto che ero bella, preziosa ai suoi occhi, che mi amava e che, ciò che è importante, non è quello che io pensavo di me, quello che mio padre pensava di me, quello che aveva detto “puoi anche morire, io non posso farci nulla”, o quello che i miei amici pensarono di me, se non quello che Gesù pensò di me.

 

Quarto punto: l’ antropologia dell’ emotività.

 

Paradossalmente, il razionalismo del 17 secolo ha perso la ragione all’ umanità. Il razionalismo ha gettato un romanticismo emozionale che ha preso forme differenti lungo i secoli, che era una specie di “emozionalizzazione” fino ad una “emozionalizzazione” della coscienza.(cf. Giovanni Paolo II Persona e Atti), una specie di vita personale a livello semplicemente emozionale e una vita sociale in ciò che l’etica stessa si definisce in termini di emozione. Per questo si perde il sentire della ragione. Se è certo che credere nell’ esistenza di Dio è prima di tutto un atto della ragione prima di essere un atto di fede riguardo a chi è questo Dio, ma è anche certo che oggigiorno, occorre molto lavoro per accedere a Dio con la sola ragione. Ho un imperativo categorico: che Gesù Cristo restituirà alla ragione i suoi titoli di nobiltà. L’ adorazione ci spoglia dell’ emozionalità per farci vivere una vita teologale di fede, di speranza e Carità. Se trascorrete onestamente tre ore davanti all’ Ostia Santa, nella quale Gesù è presente, senza fare nulla se non guardarlo, non dico in silenzio ma davanti a Lui, bene obbligatoriamente compirete un atto di fede, di speranza e Carità. Al contrario, vi farete un viaggio nel sogno o nella fantasia. L’ adorazione eucaristica ci obbliga a vivere in una maniera teologale, che è l’ unico modo per toccare Dio, vale a dire, la Fede, la Speranza e la Carità. L’ adorazione si riassume nella semplicità più disarmante facendo atti di Fede, Speranza e Carità.

 

L’ altro giorno eravamo coi bambini davanti al Santissimo Sacramento. Io dissi a loro, “potete dire delle preghiere”. C’ era un piccolino che non reagiva. Tutti pregavano per una intenzione. Allora, dissi a questo piccolo che avrà avuto circa tre anni: “Vuoi pregare per qualcuno?” “Gesù ti amo”, disse. In questo sta l’ atto di carità. Lui aveva fatto esperienza di Dio attraverso questo atto di carità. “Gesù, Tu sei lì”, si fa esperienza di Dio attraverso un atto di fede. “Gesù, un giorno ti vedrò faccia a faccia” (atto di speranza)… Un piccolo bambino, un giorno disse davanti al Santissimo Sacramento: “Gesù, Tu non mi vedi ma io so che Tu sei qui!” Si può dire che la sua fede superò quella di Dio ….L’ Eucaristia ci restituisce la nostra dignità primaria: essere esseri razionali, non razionalisti, non razionalisti ma razionali, perfezionati dalla grazia della fede, della speranza e della carità. E’ una guarigione da un’ emotività deviata verso un’ autentica vita teologale, che restituisce all’ emozione e ai sentimenti il loro giusto luogo nel posto corretto. Al contrario, uno si imbatte in due tentazioni: quella di perdersi nell’ emozione, o rifiutarla interamente; quello che è in entrambi i casi una tragedia per l’ umanità e per la persona. Rifiutare l’ emozione o perdersi in lei. Solo una vita autenticamente teologale restituisce all’ affettività umana il luogo legittimo che le compete, compresa la devozione.

 

Quinto punto dell’ aspetto antropologico dell’ adorazione eucaristica: la guarigione dalle peggiori infermità spirituali: l’ accidia, la tristezza spirituale.

 

Questa specie di lasciarsi andare, questo letargo, nessuna fame, nessuna sete, stanchezza, nessun desiderio di Gesù, tutto diventa pesante, la preghiera, la lettura, l’ ufizio divino diventano pesanti. Questa è un’ infermità molto frequente e l’ adorazione eucaristica può essere una cura. Davanti al Santissimo Sacramento, posso presentare atti di desiderio. “La mia anima ha sete del Dio vivo, come la cerva anela ai corsi d’ acqua così la mia anima ha sete di te, Signore”. Dobbiamo avere fame e sete di Lui.

 

Nel passato, era mia abitudine scalare le montagne e un giorno eravamo vicino a Marsella ai ruscelli. Non avevamo nulla da mangiare. Per la notte, avevamo un poco di pane che abbiamo terminato e rimanevano quattro arance. Eravamo in quattro e ci siamo detti: “facciamo la scalata presto domani mattina. Arrivati in cima mangeremo le arance”. Solo che la strada che prendemmo era molto difficile. Uno degli amici era rimasto senza forze e si fermò bloccato a metà. Invece di arrivare in cima alle otto, arrivammo alle due del pomeriggio. Abbiamo dovuto trascinarlo in cima. Abbiamo guardato la sua arancia. Quando lui vide l’ arancia, i suoi occhi si aprirono così (gesto di aprire il più possibile gli occhi). Come nei disegni animati, strisciò fino all’ arancia e se la mangiò con la buccia. Così è come si deve arrivare davanti al Santissimo Sacramento, non fisicamente, ma col desiderio. Sei Tu Signore, la mia anima ha sete di Te. San Pierre Julien Eymard diceva: “la nostra adorazione ha così pochi frutti, perché incominciamo sempre da noi stessi e non iniziamo da Dio. “Non andiamo a Lui con questo desiderio, è allora che si può cadere tragicamente nell’ accidia mentre si adora. E non solo perché i miei occhi si chiudono stanchi ma perché il mio cuore smette di vegliare. Se dormo e il mio cuore veglia, questo sì va bene. Ma se dormo e il mio cuore non veglia, questo è una catastrofe! Esiste una teologia del sonno da sviluppare ed è quella di mantenere il cuore nella veglia. L’ accidia è una vera tragedia e così si tratta di curare l’ accidia con la fame e la sete, il desiderio di Dio, il desiderio di vedere Dio, il desiderio di Cristo. L’ allegria sarà il risultato di questa fame e di questa sete. Il mio cuore ha fame e sete del Dio vivo, e la mia gioia, nutrita da questa fonte di Vita che sgorga dal Cuore di Cristo, glorificherà Dio. Ed io scoprirò l’ autentica gioia.

 

Sesto punto, la guarigione dal punto di vista antropologico: la tentazione del superuomo.

 

Il nostro mondo vive ora in una logica di perfezione esteriore e non di santità. La santità è prima di tutto una povertà ad accogliere e nella quale si immerge la grazia misericordiosa di Dio. Davanti all’ Eucaristia non devo fingere, non devo rappresentare un ruolo sociologico. Posso essere povero davanti al Santissimo Sacramento.

 

A Friburgo abbiamo l’ adorazione perpetua del Santissimo Sacramento e, a volte, passo la notte in adorazione. Si fanno incontri commoventi. Una volta alle 4 del mattino vidi un uomo politico davanti al Santissimo Sacramento. Lo vidi inginocchiato come me, senza alcuna differenza. Quando Alfonso de Ligorio che, si diceva, era la persona meglio vestita di tutta Roma e San Benito Jose Labre che metteva le pulci dentro la sua camicia in modo che non prendessero freddo in inverno, adoravano insieme, uno di fianco all’ altro, il Santissimo Sacramento durante le 40 ore, ci troviamo difronte l’ uomo nella sua massima dignità alla presenza del suo Dio. Non era l’ apparenza, non era la sua dignità di famoso avvocato o di povero mendicante ciò che faceva la differenza fra loro; loro erano unici, figli di Dio. Il Santissimo Sacramento mi insegnerà ad accettare la mia vulnerabilità, la mia povertà, la mia miseria, il mio peccato, il mio nulla.

 

Ho un amico che aveva accompagnato sua moglie all’ adorazione che avevamo organizzato. Quando ci fu la processione del Santissimo Sacramento, disse: “Avrei voluto gridare: che non si mettano in ginocchio, sono matti! Che non credano a questi sacerdoti ciarlatani che gli fanno credere che Dio è qui. Non mi sono azzardato a dirlo per non far vergognare mia moglie.” Lui stesso aveva avuto un grave incidente d’ auto e non poteva mettersi in ginocchio. Immediatamente, si sentì scaraventato in ginocchio davanti al Santissimo Sacramento. Si arrotolò a terra e si rese conto che le ginocchia non gli facevano più male. Così, dovette convertirsi e ogni mattina alle 5, prima di andare al lavoro, dedica un’ ora all’ adorazione.

 

Un giorno, davanti al Santissimo Sacramento, Gesù disse ad un uomo d’ affari “a proposito delle tue tasse, dove sono?” Lui disse: “Signore, siamo qui per adorare, non per parlare delle tasse!” Il Signore rispose: “Questo mi interessa molto: le tue tasse e la tua dichiarazione dei redditi !” E lui ancora: “No, no, Signore, siamo in ragionamenti più elevati!” Bene, dovette andare dal suo commercialista per correggere la sua dichiarazione dei redditi e il Signore non lo lasciò andare fino a quando non vide la verità nella sua dichiarazione dei redditi davanti al Santissimo Sacramento. Il Signore ci obbliga ad andare fino in fondo alla nostra miseria, alla nostra povertà, al nostro peccato quando siamo davanti al Santissimo Sacramento. Essere povero è il nostro titolo di nobiltà.

 

Settimo argomento della guarigione (interiore o sanare): la dipendenza affettiva

 

Viviamo in un mondo emozionale e così con profonde carenze affettive che si manifestano nelle devianze sessuali. Credo che l’ adorazione sia il luogo per acquisire la virtù della castità. In primo luogo, Gesù dice, “l’ occhio è la finestra della tua anima. Mantieni casto il tuo sguardo perché il tuo cuore sia puro”. Posando il mio sguardo nel Corpo eucaristico di Cristo, sono chiamato, poco a poco, a non indirizzare il mio sguardo altrove. O a vedere le cose, la gente, attraverso uno sguardo purificato dall’ adorazione eucaristica. Questo corpo di Cristo, questa carne di Cristo, mi obbliga a guardare la mia stessa carne e quella dell’ altro in maniera differente. Il modo di vedere, di toccare la carne del Figlio dell’ uomo, questo corpo santo di Gesù, mi obbligherà a ripensare al modo col quale tocco il mio corpo, a vivere il corpo attraverso l’ adorazione eucaristica. Esiste un modo per scoprire la mia dipendenza radicale con rispetto a Dio. L’ essere umano è un essere necessariamente di relazione dipendente. Se io non dipendo radicalmente da Cristo in questa viva intimità nell’ adorazione dipenderò allora affettivamente dagli esseri umani …. E’ così che l’ adorazione eucaristica diviene il luogo per acquisire la virtù della castità, la vulnerabilità sperimentata con la povertà viva del mendicante che grida e che poco a poco sarà trasformato dal suo sguardo nella sua carne, in questa relazione col corpo di Cristo, col corpo dell’ altro. Nell’ ospizio di Madre Teresa è bello vedere nella stanza da bagno, dove si lavano le persone raccolte in strada, scritto in grande “The Body of Christ”, “Il corpo di Cristo”.

 

Ottavo punto : l’attenzione.

 

Ci viene detto che la gente ora non è più capace di attenzione. E’ il zapping! Il fatto di passare da una cosa all’ altra ci impedisce di stare attenti. Gli antichi dicevano che l’ attenzione era la madre della preghiera, la prosoque è la madre della proseuque. Esiste così una stretta relazione tra l’ attenzione e la preghiera. La vista è provvidenziale per l’ Eucaristia, perché è il senso che quando ci affascina maggiormente ci da più attenzione. L’ Eucaristia è prima di tutto uno sguardo rivolto all’ Ostia.

 

Se il Santissimo Sacramento si cominciò ad esporre a partire dal XII, XIII secolo, fu in seguito all’ eresia di Berengario de Tours che negava la presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento. Il popolo di Dio rispose prima di tutto dicendo “Vogliamo vederlo! Mostrateci Gesù e dimostreremo la nostra fede nel guardare l’ Ostia. “L’ adorazione è un mistero della visione, uno sguardo di Cristo che si posa sopra di me, che mi guarisce. In cambio i miei occhi rimangono fissi in Lui. Io guardo l’ Ostia, al contrario non esiste la necessità di esporre il Santissimo Sacramento. Andando davanti al Tabernacolo, Lui è lì. Anche la migliore porta blindata non impedirà la radiazione della Presenza reale. Perché l’ adorazione eucaristica è un mistero d’ amore. Voglio vedere, perché l’ amore è nel guardare. Avete visto due persone che si amano? Si guardano sempre. Si cercano. Non smettono di guardarsi. L’ amore vuole vedere l’ essere amato. Si può non vedere la persona amata e ascoltarla per telefono. Ma quando la guardo, cambia tutto.

 

C’ è una persona che era stata guarita dalla cecità che aveva dalla nascita davanti al Santissimo Sacramento in un luogo mariano. Disse: “Vidi mia figlia per la prima volta. E Dio fu amabile con me, ci impiegò tre mesi per guarirmi. Mai avrei potuto sopportare di vederla faccia a faccia di colpo, subito. Dovettero passare tre mesi per recuperare completamente la vista. Dio è stato buono. “Questa è l’ adorazione: non vedo Dio faccia a faccia. E, sfortunatamente, al contrario, morirei. Così, lo sguardo è così tanto importante, che Pio X diede una indulgenza parziale all’ epoca, di 300 giorni, per coloro che guardavano Gesù nel Santissimo Sacramento nel momento dell’ elevazione durante la Messa, dicendo: “Signore mio e Dio mio”. In quel momento le persone abbassavano il capo durante l’ elevazione e quello non era il proposito, storicamente parlando, dell’ elevazione. Gesù disse a santa Gertrude di Helfta: “Per quante volte l’ uomo guarderà con amore l’ Ostia che contiene il Corpo e il Sangue di Cristo, per tante volte aumenterà i suoi meriti futuri. Ci saranno delizie nel cielo per coloro che hanno riposto i loro occhi nel Corpo eucaristico.

 

Nono punto antropologico: la solitudine.

 

Esistono due tipi di solitudine: la solitudine originale, dei nostri primi padri: “non è buono per Adamo rimanere solo”, non si tratta dell’ uomo e della donna, non del maschile e del femminile, ma non è bene che l’ essere umano rimanga solo. E’ la solitudine affettiva che viviamo nel mondo d’ oggi.

 

Che significa la solitudine originale ? Si tratta di ciò che Giovanni Paolo II precisa dicendo: “non appartiene alla preistoria dell’ uomo ma alla preistoria teologica di ciascuno di noi”. Ognuno di noi deve scoprire il suo luogo nel mondo. Solo Dio basta, e nessuna creatura potrà riempire il mio cuore. Qui sta l’ essenza di questa solitudine, che è la condizione sine qua non di ogni relazione con altri esseri umani e con il mondo. Raggiungiamo questa solitudine originaria. Solo Dio basta, nessuna creatura riempirà la mia vita. Così allora, nell’ adorazione eucaristica imparo a vivere questa solitudine originale. Allo stesso tempo, sono guarito nella maggior parte delle mie relazioni. Non solo la mia solitudine affettiva è riempita da quella di Cristo, ma divento anche capace di vivere con gli altri una relazione autentica da essere umano a essere umano, da persona a persona, e non da avido affettivo a avido affettivo.

 

 

III. Terzo aspetto: l’ aspetto storico dell’ Eucaristia

 

Gesù disse a santa Faustina: “Dì a tutto il mondo, che il mondo non incontrerà la pace in terra fino a che non ritornerà al mio Cuore, alla mia misericordia.” Ancora disse Gesù: “il trono della mia misericordia è il Santissimo Sacramento”. Che significa: “Di a tutto il mondo che è impossibile la pace nel cuore, nelle famiglie e nel mondo se non si adora Gesù nell’ Eucaristia”. Credo che esista un tempo per far visita a Cristo Eucaristico nell’ adorazione, e questa è la rivoluzione. Si tratta dell’ unica rivoluzione davanti la quale Lenin, Che Guevara e Mao sono dei bambini. Loro fecero la rivoluzione per la morte dell’ uomo. Ma la rivoluzione per la vita umana è la proclamazione solenne, per l’ adorazione eucaristica, della Signoria di Cristo, di Dio. Metto questa profezia di Gesù a suor Faustina allo stesso livello di quella di Maria a Fatima: “se non si convertiranno, ci sarà una guerra ancor più grave che scoppierà durante il pontificato di Pio XI”. Credo che la profezia a santa Faustina è della stessa importanza. Maria disse a Fatima: “Se non si convertono, se non ritornano a mio Figlio…” Di fatto, nel 1917 scoppiò una guerra, ma una peggiore scoppiò durante il pontificato di Pio XI e l’ Anschluss (l’ annessione dell’ Austria) cominciò settimane prima della morte di Pio XI.. Se non si ritorna all’ Eucaristia, potrà avvenire una catastrofe globale. La risposta a questa catastrofe che sta nascendo in ogni parte del mondo, questa crisi economica che è appena iniziata, sarà l’ adorazione eucaristica, l’ adorazione riparatrice e la guarigione.

 

 

IV. Quarto aspetto: l’ aspetto escatologico

 

Ancora due cose riguardo l’ Eucaristia: Athanasia pharmacon, è la medicina, il farmaco d’ immortalità. Assaporo ora, in questo momento, la vita eterna, la vita divina per la quale fui creato. E per secondo punto, imploro la venuta in gloria di Cristo, la parusia (in greco parousia significa la presenza e venuta). Attendiamo la sua venuta in gloria, ma colui che viene in gloria è presente nel Santissimo Sacramento. E’ lo stesso e ora questa parusia, questa presenza è venuta nell’ adorazione, il cielo ora è qui e non è tanto il cielo che discende ma la terra che si eleva in cielo in un gran movimento ascensionale. Tutta la creazione sta aspettando nelle sofferenze del parto la rivelazione di figli di Dio. Lei aspira a che noi ci comportiamo come figli di Dio, affinchè tutto il creato incontri in Cristo il suo compimento e termine. E pertanto la risposta alla crisi ecologica del mondo attuale è anche l’ adorazione. Ora in lei, potrà emergere questa radiazione di energia disinteressata per la fusione nucleare eucaristica, per usare l’ immagine di Benedetto XVI e incontrare un ordine del cosmo comandato dal Creatore, un ordine dell’ umanità comandato dal Redentore e proclamare la signoria di Dio sopra tutta la carne e sopra tutto il cosmo, affinchè la pace di Dio possa penetrare i cuori e il mondo.